Missioni Consolata - Marzo 2014

punto di riferimento per gli opera- tori della cooperazione in Italia, che ha definito Mission un «reportage compassionevole, il trionfo del- l’aiuto assistenziale condito da una televendita continuativa dell’agen- zia Onu per i rifugiati» ma, comples- sivamente, «nei limiti della de- cenza». Un bilancio Al di là dei giudizi sulle singole inizia- tive, ciò che emerge da una loro ana- lisi è una serie di domande: ottenuta l’attenzione di milioni di persone, che cosa ne hanno fatto i promotori degli eventi? Quali messaggi, quali infor- mazioni hanno veicolato? Hanno ef- fettivamente comunicato i temi dello sviluppo e contribuito a cambiare la percezione del grande pubblico su di essi? L’impressione è che se l’obiet- tivo era raccogliere fondi da mettere poi nelle mani di esperti e tecnici della cooperazione o della risposta alle emergenze, il bilancio è tutto MARZO 2014 MC 77 MC RUBRICHE © UNHCR/D.A Khan oggi quasi impossibile. Non credo si debba condannare il coinvolgimento di testimonial in sé. Quando è stato fatto in modo genuino l’ho trovato an- che utile e interessante. Ma oggi non è più così, le Ong per ga- rantirsi un impatto forte in termini di visibilità e raccolta fondi si affidano al marketing e ai comunicatori che re- plicano su questo settore logiche commerciali molto raffinate incon- trando gli interessi dello show busi- ness e dei personaggi noti alla ricerca di una charity da aiutare. Nel settore ambientale gli inglesi lo chiamano green-wash , quando un’azienda in- quinante sostiene attività «verdi» per ripulire la propria immagine. Qui in molti casi si tratta di charity-wash (ri- pulire la propria immagine attraverso gesti di «carità»). Purtroppo trattandosi di una simbiosi perfetta credo che il fenomeno sia de- stinato a un’ulteriore esasperazione, tanto che alcuni Vip faranno solo que- sto di mestiere e alcune Ong avranno più testimonial che volontari. Molti, fuori dal «recinto» degli addetti ai lavori, trovano la so- lidarietà e lo sviluppo temi noiosi, o tristi, o troppo impe- gnativi. Secondo te è un dato di fatto che si tratti di argo- menti non facilmente comuni- cabili? O siamo noi operatori della cooperazione che sba- gliamo strategia e, in questo caso, che cosa dovremmo cam- biare? Che si tratti di temi tristi e impegna- tivi non c’è dubbio. Ma non è vero che non siano comunicabili. Credo che il «problema madre» del nostro settore in fatto di comunicazione sia solo uno: pretendere di sensibilizzare l’opinione pubblica e contempora- neamente di raccogliere fondi . O me- glio, in molti casi, sensibilizzare al solo fine di raccogliere fondi. Hai fatto l’esempio di Mission , la tra- smissione di RaiUno che ritengo ab- bia rappresentato in pieno questo modello diventando un’occasione persa. Il mondo dei rifugiati è stato raccontato in modo melenso, pietista e superficiale al solo fine di veicolare una campagna di raccolta fondi e di fare il charity-wash della Rai. Eppure in passato mi è capitato di vedere film o documentari e sentire canzoni che mi hanno fortemente sensibiliz- zato su diversi temi legati alla povertà e alla giustizia sociale, ma non ave- vano uno scopo di raccolta fondi e credo abbiano raggiunto il loro obiet- tivo, quello di aprire gli occhi dell’opi- nione pubblica su drammi e ingiusti- zie del mondo. Ritengo che la sfida di comunicare al grande pubblico, sep- pur difficile, sia possibile affrontarla e vincerla soprattutto se si sta alla larga dal fund raising . E poi non c’è solo la Tv, pensa ai mi- lioni di email e lettere che ogni mese le nostre Ong recapitano ad altret- tanti italiani: anche questa è comuni- cazione e potrebbe essere utilizzata per veicolare qualche contenuto. Se ti mando una lettera con una gi- gantografia di un bambino denutrito morente accompagnata da un bollet- tino postale dicendoti che solo tu po- trai salvare quel bimbo, voglio sensi- bilizzarti sulla malnutrizione infantile in Africa o semplicemente scucirti soldi raccontandoti una storia sem- plice, parziale e volontariamente drammatizzata? Anche queste sono occasioni perse e perpetuano una co- municazione errata della povertà e dello sviluppo globale. Ma prepariamoci al peggio, in futuro questo capiterà anche con la politica con l’avvento della raccolta fondi dei partiti a seguito della progressiva abolizione dei finanziamenti pubblici. Pensa ai partiti che dovranno convin- cere i cittadini a donare e firmare il 2x1000 dell’Irpef nelle dichiarazioni dei redditi, non voglio pensare a cosa manderanno nelle nostre caselle po- stali! Chiara Giovetti

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