Missioni Consolata - Marzo 2014

MARZO 2014 MC 73 MC RUBRICHE sua classe, che al tempo dei fatti avevano, come lei, undici anni, e valutare l’impatto che un simbolo esteriore, quale il portare un velo, poteva avere sulla libertà di co- scienza e di religione di alunni in giovane età, facilmente influenza- bili. Si sarebbe potuto avere, in altri termini, un effetto di proselitismo. Insomma, e questo è il senso della posizione del governo francese nel dibattito di fronte alla Corte, lo stato, e le sue istituzioni come la scuola, devono rimanere rigida- mente neutrali in fatto di religione e dei suoi simboli. La sentenza della Corte europea La Corte, con la sentenza del 4 di- cembre 2008 ha dato all’unanimità ragione al governo, condividen- done le ragioni. In più ha ricordato che la giovane Dogru e i suoi geni- tori, all’atto dell’iscrizione alla scuola, avevano sottoscritto il rego- lamento interno dell’istituto, impe- gnandosi così a rispettarlo. Esso vietava espressamente l’uso di «simboli ostentatori che costitui- scono in se stessi elemento di pro- selitismo e di discriminazione». La giovane e i suoi genitori, dunque, potevano ragionevolmente preve- dere che il rifiuto di togliere il velo durante il corso di educazione fisica e sportiva avrebbe potuto portare alla esclusione dall’istituto per il mancato rispetto dell’obbligo di stato, appunto, e la condizione della donna, la libertà della quale è tutelata e promossa dall’ordina- mento europeo. Questo secondo aspetto è a sua volta di primaria im- portanza. Alcuni immigrati infatti vorrebbero che le loro donne, le loro figlie e le loro sorelle vivessero nelle medesime condizioni dei loro concittadini rimasti in patria, rifiu- tando i diritti di cui godono le donne occidentali. I rischi dei simboli Di fronte alla Cedu il governo fran- cese ha ammesso che le restrizioni imposte alla giovane Dogru nell’in- dossare il velo islamico all’interno della scuola costituivano una limita- zione del suo diritto di manifestare la propria religione. Tuttavia, ha so- stenuto, tale limitazione rispettava quanto previsto dall’articolo 9 della Convenzione europea dei diritti del- l’uomo. Essa infatti, oltre a rispon- dere a necessità pratiche, come quella di dotarsi di un abbiglia- mento adatto all’esercizio dell’edu- cazione fisica a scuola, era necessa- ria per rispettare i principi costitu- zionali di laicità e di uguaglianza tra i sessi. Il governo tuttavia si è spinto più in là, proprio per la forte concezione di laicità che viene sostenuta dalle leggi francesi. Occorre anche tener conto - ha infatti osservato - delle ripercussioni del comportamento di Belgin Dogru sugli altri alunni della frequenza. In questo caso, dunque, non è stata violata la Convenzione europea, e la restrizione alla mani- festazione della libertà religiosa, nei termini in cui è avvenuta, è stata legittima, proprio perché ha avuto la finalità di preservare gli im- perativi della laicità negli spazi pub- blici scolastici. Al di là della sentenza, una questione aperta La Francia, dove secondo le stime ufficiali, su una popolazione di reli- gione musulmana stimata tra i 4 e i 6 milioni, le donne che indossano il velo sono circa 2000, ha approvato nel 2011 un’altra legge che vieta l’uso del velo islamico in pubblico. Anche questa ha suscitato la rea- zione della comunità islamica. La Cedu è stata nuovamente interpel- lata da donne condannate in base alla nuova legge, perché ritengono che violi la loro libertà religiosa. En- tro quest’anno la Corte europea dovrebbe esprimersi in merito. Ma al di là di questo rimane aperto il problema, che è politico, culturale e sociale, del rapporto degli stati democratici europei con le nuove religioni presenti oggi nel vecchio continente e, in particolare con l’I- slam. Quale sia la strada migliore per realizzare convivenza, integra- zione, dialogo, rispetto reciproco, non è certamente facile stabilirlo. L’Europa dispone di un patrimonio preziosissimo di valori sociali, civili, liberali e democratici, in base ai quali il problema di cui si è detto deve essere gestito e risolto. Non si tratta di una questione solo «for- male», né si può affrontarla in ter- mini ideologici o manichei. La laicità appartiene a tutti, «vecchi» e «nuovi» europei, e permette a tutti di esercitare la libertà di religione. È importante, tuttavia, rendere il più possibile omogenea, nei vari paesi, la sua traduzione nella vita con- creta delle istituzioni e della so- cietà. Quanto sarà possibile, infatti, il perdurare di una situazione che vede il medesimo principio di sepa- razione tra stato, Chiesa e religioni affermato nell’Unione europea, tra- dursi nelle istituzioni dei vari paesi in livelli diversi di tolleranza nei confronti del crescente pluralismo della società contemporanea? È una situazione in cui la Cedu ha un compito notevole da svolgere. Ma certo non può risolverlo da sola. Paolo Bertezzolo © Af. MC/Anna Pozzi

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=