Missioni Consolata - Marzo 2014

48 MC MARZO 2014 Viaggio nel tempo La mia prima impressione fu quella di avere fatto un viaggio nel tempo. Un’incredibile somiglianza con una tipica cittadina dell’Italia meridionale fotografata a metà degli anni ’60. Vecchie auto e autocarri Fiat an- cora in circolazione, tranquilla atmosfera lavorativa, impressionante architettura coloniale e post coloniale di evidente stampo italiano, cucina italiana, parole italiane nel gergo comune. Tutto eredità della nostra presenza coloniale, certamente da valutare con tutti i pro e contro. Presenza iniziata durante il periodo co- loniale nel 1890, e terminata nel 1941 con l’arrivo degli inglesi, ma poi protrattasi con le migliaia di italiani (o meglio « talian », parola tigrina per indicare gli stra- nieri in genere) che decisero di rimanere in Eritrea (e analogamente in Etiopia e in Somalia) sino al 1974. Poche decine, e non con poco coraggio, rimasero dopo l’ascesa del dittatore etiopico Menghistu che poi re- quisì le loro attività industriali e commerciali messe in piedi con tanta fatica e sacrifici. Ho conosciuto gli ultimi «coloniali» italiani, alcuni dei quali nati e vis- suti ad Asmara. Figli di vecchi imprenditori, oggi morti, che costruirono grandi fortune. Veri pionieri in un contesto operativo molto difficile. Gente onesta e lavoratrice Durante la mia esperienza professionale, ho avuto modo di affrontare diverse situazioni, di operare con diverse istituzioni, reclutare e collaborare con perso- nale locale a vari livelli. Mi sono confrontata anche con difficili situazioni professionali e umanamente co- involgenti, soprattutto quando si trattava di famiglie geograficamente separate a causa del lungo conflitto, famigliari deceduti o detenuti o dispersi durante la guerra. Il recente episodio di Lampedusa ha attirato l’atten- zione internazionale sui profughi eritrei, ma già nei primi anni 2000 erano numerosi i ragazzi e le ragazze che per evitare il servizio militare lasciavano clande- stinamente il paese. Ne ho conosciuti parecchi. Uno di questi era un mio collaboratore che, in occasione di una missione di lavoro in prossimità dell’Etiopia, ne approfittò per dileguarsi oltre il confine. Ora vive in Germania, dove con l’aiuto di una Ong è riuscito a fre- quentare l’università e a ricostruirsi un futuro profes- sionale. Quanto coraggio, ma anche quanta fortuna. Non tutti sono stati similmente premiati dalla loro au- dacia. Confermo con piacere che mantengo, ancora a di- stanza di anni, numerosi contatti con eritrei ai quali sono legata non solo da un rapporto di amicizia, ma soprattutto di reciproca fiducia e solidarietà. © Mattia Gisola © Mattia Gisola

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