Missioni Consolata - Marzo 2014
DOSSIER MC LA SCUOLA © Gabriella Mancini DO SIER MC ERITREA vamo di nuovo su un’auto e fu un viaggio molto lungo. Il mio fratello maggiore ci disse di stare nella mac- china, così non ci avrebbero uccisi. Lui sarebbe scap- pato per cercare aiuto. Penso che sarebbe stato me- glio se fossimo scappati tutti. Nel luogo in cui arri- vammo ci picchiarono e ci fecero molto male. Era- vamo tutti doloranti. Fecero delle cose con le mie so- relle, ma non posso parlare di questo. Alla fine non potevo neppure piangere, ero troppo stanco. Poi, un giorno, ci dissero di andare. Mio fratello ci aspettava al Cairo. Si era procurato molto denaro. Qui adesso abbiamo diversi problemi. Non abbiamo un buon posto dove stare e la gente è sempre arrab- biata con noi. Vengono e prendono le nostre cose. Abbiamo parlato con mio padre al telefono e ci ha detto di essere coraggiosi. Gli ho chiesto perché non può venire. Mi ha detto che ci vuole tempo per i docu- menti. Non capisco, voglio vederlo. Ho parlato anche con mia madre. Ringraziava Dio che mi stava parlando. Non so perché fosse così contenta. Voglio andare a casa». Nella rete dei mercanti di uomini Eritrea. Paese definito «Una grande prigione a cielo aperto», dalla quale tutti cercano di scappare. E sono infatti in maggioranza eritrei coloro che, lasciato il paese a rischio della vita, finiscono nella rete dei traf- ficanti di esseri umani, venendo venduti da un gruppo all’altro fino ad arrivare nel Sinai. Qui si trovano i «campi di tortura» vergogna dell’umanità. Quella riportata sopra è solo una delle terribili testi- monianze raccolte nel rapporto The human traffic- king Cycle: Sinai and Beyond realizzato da due ricer- catrici olandesi e da una giornalista eritrea (vedi box). Il rapporto descrive i meccanismi del traffico, le persone implicate, i luoghi, i numeri. Il 3 dicembre scorso è finito sul tavolo di Cecilia Malmström, com- missario europeo per gli Affari interni, e una setti- mana dopo è stato presentato alla Camera dei depu- tati a Roma. I numeri del business dei mercanti di uomini sono im- pensabili. Il rapporto calcola in 25-30.000 le persone trafficate dal 2009 a oggi, con un «giro d’affari», per- ché di affari si tratta, dovuto ai riscatti, di oltre 622 milioni di dollari. Ma circa il 25% di chi è finito nei campi di tortura del Sinai non ce l’ha fatta, e sareb- bero 5-10.000 persone uccise o morte di torture e maltrattamenti nel periodo considerato. La lista di torture inflitte secondo le testimonianze è agghiac- ciante. «La mercificazione dell’essere umano, dell’o- staggio, si ottiene anche con atti di violenza che lo “spogliano delle sue qualità umane”» scrivono le ri- cercatrici. Un passo indietro «Negli ultimi 13 anni in Eritrea non è cambiato nulla. È un paese completamente militarizzato che non dà spazio, soprattutto ai giovani che possono sognare un futuro diverso da quello che il regime ha prospettato per loro, ovvero la vita militare fino a 50 anni. L’as- senza totale di una prospettiva diversa, di una possi- bilità di realizzare i propri sogni, come poter conti- nuare gli studi o lavorare dove si desidera, è inaccet- tabile. In aggiunta c’è totale assenza di qualsiasi li- bertà, di qualsiasi diritto. I giovani non vogliono es- sere trattati da schiavi di fatto, perché il servizio mili- tare è diventato una schiavitù legalizzata. Ecco per- ché fuggono, vogliono avere un futuro diverso, senza rischiare la vita ogni giorno per qualcosa in cui non credono più». Chi parla è don Mussie Zerai, responsa- bile della pastorale degli immigrati eritrei ed etiopi in MARZO 2014 MC 43 A sinistra, in basso : il valico di frontiera di Al Rafah, tra Egitto e Israele. Sopra : rottami della guerra con l’Etiopia, ancora visibili nelle campagne eritree. A destra : la cartina con i flussi del traffico di profughi (blu) e delle migrazioni volontarie (rosso). Kassala Khartoum SINAI Il Cairo © Mattia Gisola
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