Missioni Consolata - Marzo 2014

S i chiama «diaspora tax». È il controverso tributo che il governo eritreo impone agli emigrati sui red- diti che producono all’estero (e che si aggiunge alle imposte dovute agli stati che li ospitano). Questa imposta è stata introdotta nel 1995 con la legge n. 67 ( Diaspora Income Tax Proclamation ), ma in realtà ha una storia che affonda le radici nella lotta per l’indipendenza contro l’Etiopia. Per so- stenere i guerriglieri con- tro l’esercito etiope, i movimenti indipendenti- sti chiedono un sostegno economico agli emigrati. Gli espatriati rispondono con entusiasmo. Ai ribelli arrivano così flussi im- portanti di denaro. Nel 1993, raggiunta l’indi- pendenza, l’Eritrea è un paese distrutto che va ri- costruito dalle fonda- menta. Asmara fa un nuovo appello agli emi- granti affinché donino il 2% dei loro redditi. An- cora una volta la risposta è generosa. Nel 1999 però scoppia una nuova guerra contro l’Etiopia. Di fronte all’e- mergenza, Asmara chiede alla diaspora, ol- tre al 2%, una una tan- tum di un milione di lire italiane e un versamento men- sile di 50 mila lire. Il peso di questi contributi inizia a di- ventare elevato e negli emigrati sorgono i primi dubbi sull’opportunità di pagare. Il sistema politico si sta in- fatti trasformando in una dittatura e nasce il sospetto che i fondi servano al rafforzamento del regime. Anche perché Asmara non rende conto di come vengano uti- lizzati i soldi. G ruppi di eritrei iniziano così a chiedere di ridurre i contributi. Il regime non cede. Gli eritrei che non pagano si vedono negata la possibilità di rinno- vare i documenti, compiere atti giuridici in patria (acquistare e vendere immobili, partecipare alla successione testamentaria, ecc.), inviare aiuti ai familiari, ri- entrare nel loro paese. Chi non ha redditi o lavora «in nero» deve dimostrare la sua condi- zione con documenti dello stato ospitante o attraverso la testi- monianza di persone di fiducia di ambasciate o consolati. Per Asmara l’imposta è una fonte di valuta estera che fluisce nelle sue casse in contanti. Que- sto flusso di denaro insospetti- sce l’Onu. Tanto che, con la riso- luzione n. 1907/2009, il Consi- glio di sicurezza indica l’imposta come possibile fonte di finanzia- mento ai fondamentalisti isla- mici somali. Sull’onda di questa risoluzione, Canada, Svezia, Sviz- zera e Germania avviano inda- gini. Anche in Italia qualcosa si muove. Il 4 giugno 2013 l’asso- ciazione Eritrean Youth Solida- rity for National Salvation invia una lettera al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e il 26 luglio l’onore- vole Lia Quartapelle Procopio (Pd) presenta un’inter- pellanza al ministero dell’Economia e delle Finanze per chiedere come l’Italia possa intervenire per bloccare la riscossione. Ma per il momento nessuna iniziativa è stata ancora assunta. E.C. La tassa sulla diaspora Regime succhia soldi DOSSIER MC ERITREA MARZO 2014 MC 39 avuto scontri con il Sudan, accusato di sostenere le milizie islamiche eritree, e con Gibuti, per questioni di confine. Per sostenere questo interventismo, Isaias ha dato vita a un servizio militare a tempo indeterminato. Ra- gazzi e ragazze vengono arruolati a 17 anni e non co- noscono la data del loro congedo. La leva permette di controllare le nuove generazioni e di fornire manodo- pera gratuita nella costruzione delle infrastrutture pubbliche. Le testimonianze dei giovani denunciano una disciplina dura, vessazioni da parte degli ufficiali e, soprattutto, l’impossibilità di continuare gli studi. Questo sistema di arruolamento sta drenando le mi- gliori risorse del paese che si sta gradualmente impo- verendo. Oggi più del 50% della popolazione vive al di sotto del livello di povertà. Di fronte a un regime così duro e intransigente, molti eritrei fuggono. Oggi la diaspora conta circa un milione e mezzo di persone, quasi un quarto dell’intera popolazione eritrea. Una cifra enorme se pensiamo che «solo» un sesto dei so- mali si sono rifugiati all’estero, nonostante la Somalia sia un paese che vive da più di vent’anni una terribile guerra civile. Enrico Casale © AFP / Stan Honda

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=