Missioni Consolata - Marzo 2014
38 MC MARZO 2014 A sinistra: lezione nella scuola per stranieri gestita dall’Ufficio pastorale migranti, a Torino. A destra: il liceo Copernico di Torino. Chiese e giornalisti Nella classifica sulla libertà di stampa stilata ogni anno dall’organizzazione Reporter senza Frontiere , l’Eritrea è all’ultimo posto. Nel paese non esistono media indipendenti. Televisione e giornali sono di proprietà dello stato e anche i servers che permet- tono il collegamento all’Internet sono rigidamente controllati dall’autorità statale. Il regime non si accanisce solo contro oppositori e giornalisti. Come molte dittature, non tollera un ruolo attivo delle fedi. A partire dai copti ortodossi, la Chiesa maggioritaria. Nei primi anni dall’indipen- denza, ai copti viene garantita una certa autonomia di azione, ma quando abuna Antonio, un prelato critico nei confronti della deriva dittatoriale, viene nominato Patriarca, il regime reagisce. Dopo varie intimida- zioni, nel 2005 abuna Antonio viene deposto, arre- stato e sostituito con abuna Dioscoro. Anche l’Islam, pur essendo una delle confessioni ammesse dallo stato (oltre alla Chiesa copta, a quelle cattolica e lute- rana), sta conoscendo continue persecuzioni. Il re- gime si accanisce in particolare contro i musulmani wahabiti, sospettati di avere contatti con le forma- zioni fondamentaliste e dell’opposizione eritrea all’e- stero. La Chiesa cattolica, che nel paese conta quattro diocesi, non è indenne dalla repressione. Il governo non vede di buon occhio un’organizzazione religiosa che opera nel settore sociale e tenta, in tutti i modi, di limitarne i campi di azione. I missionari sono stati espulsi e il clero eritreo rimasto, oltre a dover adem- piere agli obblighi di leva, subisce controlli e vessa- zioni continue. Le confessioni più perseguitate sono però quelle non riconosciute: testimoni di Geova, pen- tecostali, ecc. Secondo Amnesty attualmente sareb- bero detenuti 1.750 musulmani e cristiani di Chiese non riconosciute senza alcuna accusa. Un paese in grigioverde Solo le forze armate, come osserva il rapporto di In- ternational Crisis Group dal titolo Eritrea: Scenarios for Future Transition (2013), mantengono un certo grado di autonomia, poiché Isaias fa perno sui militari per gestire la nazione: il paese infatti è diviso in cin- que regioni, ciascuna retta da un generale con pieni poteri sul territorio di competenza che risponde solo al presidente. Per assicurarsi la fedeltà dei militari, Isaias garantisce loro privilegi economici e materiali e tollera alti livelli di corruzione. Anche se è proprio in seno all’esercito che è nato il misterioso tentativo di golpe del 21 gennaio 2013 culminato con l’occupazione del ministero dell’Informazione e poi subito rientrato. Da anni Isaias continua a giustificare il mancato pas- saggio a un sistema democratico con il permanere dello stato di guerra. Il dittatore si è infatti circondato di nemici. Nel 1999, a soli cinque anni dall’indipen- denza, è scoppiata una nuova guerra contro l’Etiopia per dispute di confine che ha fatto decine di migliaia di morti. Ufficialmente le ostilità sono cessate nel 2000, ma i due paesi vivono una situazione di ten- sione latente. Negli anni successivi l’Eritrea ha poi Pagina precedente: panoramica dell’altopiano eritreo e, in basso , frontiera tra Egitto e Israele in Sinai. Qui sotto : esterno della chiesa cattolica di rito abissino ad Asmara. A destra : Isaias Afewerki, presidente dell’Eritrea, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, settembre 2011. © Mattia Gisola
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