Missioni Consolata - Marzo 2014
34 MC MARZO 2014 procedere, sulla libertà di poter scegliere, sul discerni- mento comunitario vengono ostacolate, cassate, a volte irrise e perseguitate. L a missione è ciò che aiuta il cristiano ad alzare la testa, a elevarsi sopra le mentalità ristrette e a esprimere qualcosa di inedito. La missione nasce dalla novità del Vangelo e lo porta con sé per costruire un mondo nuovo, migliore. La missione non sopporta idee dominanti perché vive sotto il do- minio dello Spirito di Dio. La missione offre volti nuovi alla nostra teologia, che cessa di ristagnare quando si concede al confronto con l’altro. La missione rinnova e rafforza la fede, attraverso il dono della propria espe- rienza di Cristo a chi ancora non ne ha mai sentito par- lare o l’ha completamente smarrito dai propri oriz- zonti. La missione vivifica la nostra spiritualità, perché la mette a confronto con la realtà, per non farla viag- giare a quote siderali mentre la gente cammina a lato delle strade. Quale missione, allora, in questa Europa che cambia? Quale progetto missionario per orientare la nostra azione? Quale pista da percorrere ci attende? Il dove, il come e il quando lo diranno il contesto e il discerni- mento che ciascuno farà alla luce della Parola di Dio e del proprio carisma. Questo discernimento sfida parti- colarmente proprio noi missionari, chiamati a trovare un modo significativo e attuale di essere autentici reli- giosi e testimoni di evangelizzazione. Ci troviamo di fronte a domande scomode che ci obbligano a una ri- flessione che potrà forse chiederci precise scelte di vita. Quali sono le idee ristrette che oggi condizionano i nostri ambienti e costringono noi, le nostre comu- nità, le nostre famiglie a vivere «imbrigliati», incapaci di essere persone «in uscita»? Quali sono queste idee ristrette che impediscono di incontrarsi con gli altri con un messaggio vero, che dica qualcosa, che abbia un minimo di senso, che susciti qualche domanda e, magari, apra uno spiraglio verso il futuro e la salvezza promessa? Cosa dobbiamo fare per elevarci al di sopra di esse, per proporne di alternative e liberanti? L’uomo che riuscì a fondare due Istituti missionari, pur restando rettore del Santuario a lui affidato e senza mai mettere piede in missione, avrebbe senz’altro qualcosa da dire. Merita ancora ritornare al calendario e provare a vedere se riusciamo a farci ispirare ancora un po’ dallo sguardo di Giuseppe Allamano. Se riuscis- simo poi a vedere dove punta, noteremmo come que- gli occhi dimorino a lungo sul quadro della Madonna Consolata e sul tabernacolo. Non ci conviene precor- rere i tempi; queste sono altre pillole che Giuseppe Al- lamano ci consiglierà di prendere e, ben lo sappiamo, ogni cura deve rispettare la giusta posologia. Ugo Pozzoli O ggi, questo sguardo si rivolge a noi, chiamati a vivere la missione in Europa. Mi sembra di scorgere la presenza del volto dell’Allamano mentre leggo il messaggio di papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato , celebrata il 19 gennaio scorso. «La Chiesa, rispon- dendo al mandato di Cristo “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, è chiamata ad essere il Popolo di Dio che abbraccia tutti i popoli, e porta a tutti i popoli l’An- nuncio del Vangelo, poiché nel volto di ogni persona è impresso il volto di Cristo». Che bella immagine ampia e inclusiva della missione. Missione che oggi ci spinge non soltanto ad andare , ma anche a ricevere e a es- sere accoglienti. Il volto di Giuseppe Allamano riflette il volto di Cristo e il suo sguardo tradisce il desiderio di farlo emergere con forza dal volto di chi incontra, vi- cino o lontano… anche del migrante o del rifugiato. Mi sembra di poter dire che papa Francesco sarebbe piaciuto al nostro fondatore… e viceversa. Se si fos- sero incontrati si sarebbero probabilmente scambiati due battute in piemontese, giusto per fare cono- scenza, e poi avrebbero cercato di capire come far bril- lare il volto di Cristo impresso in ogni persona, par- tendo dalla realtà concreta in cui essa vive, ma senza lasciarsi imbrigliare. I primi mesi del pontificato di Francesco sono una te- stimonianza viva della bontà della pillola allamaniana di questo mese, prescritta con continuità in quasi tutti i suoi interventi, nel tentativo di plasmare una cristia- nità matura e responsabile, un popolo di Dio che cam- mina in uscita . Scrive papa Francesco nella sua recente esortazione apostolica Evangelii Gaudium : «La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accom- pagnano, che fruttificano e festeggiano […]. La comu- nità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr. 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa pren- dere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi» (Francesco, EG n. 24). Prendere l’iniziativa senza paura può voler dire, a volte, scrollarsi di dosso l’opinione dominante. La noti- zia, per essere tale, è novità, e la buona notizia non sfugge a questa regola. Ecco perché, rivolgendosi ai giovani universitari la prima domenica di Avvento, papa Francesco ha ricordato loro l’impegno di essere testimoni coraggiosi di una diversa narrativa del mondo: «Se non vi lascerete condizionare dall’opi- nione dominante, ma rimarrete fedeli ai principi etici e religiosi cristiani, troverete il coraggio di andare anche contro corrente». Concetto chiaro, questo, anche nel pensiero spirituale di Giuseppe Allamano. L’idea dominante diventa un’idea ristretta, anche quando si certifica come figlia della globalizzazione. È il grande paradosso in cui l’umanità si dibatte e che trova i suoi accenti più acuti nella nostra cara Europa. In un mondo in cui sembra valere tutto e il contrario di tutto, in cui a livello di valori si sopravvive bene grazie al più smaccato relativismo, in realtà campa bene solo e soltanto chi si adegua a una cultura che privilegia ciò che è esteriore, facilmente e immediatamente conse- guibile, veloce, apparente, provvisorio. Le logiche che, al contrario, propongono narrative differenti, impo- state sul locale, sul partecipativo, sul lento ma sicuro Pillole « Allamano»
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