Missioni Consolata - Marzo 2014
MARZO 2014 MC 27 M anca poco alle 20,00. Sono appena tornato dal lavoro e sto per mettermi a tavola. Squilla il te- lefono. Vado a rispondere di malavoglia. Dall’al- tra parte risuona una voce femminile con inflessione stra- niera. «No, ancora un call center », penso subito tra me e me. - In famiglia chi si occupa della linea telefonica?, mi chiede la donna. - Guardi, non voglio essere antipatico, anche perché immagino che nel suo lavoro sia costretta a sentire molti insulti senza neppure poter replicare. Però non voglio cambiare operatore. Mi spiace. - Mi dica soltanto - continua la telefonista -, qual è la velocità della sua linea internet? - Non ricordo, ma mi basta perché io non scarico film dalla rete. - Questa è un’offerta unica! Non può perderla, insiste la donna. - No, mi spiace. Mi lasci andare a mangiare, per fa- vore. So che questo mio rifiuto le farà perdere una provvigione, ma la proposta non mi interessa. - È sicuro, sicuro? La chiamo tra qualche giorno? - Faccia lei. Adesso però la saluto. Buon lavoro. B uon lavoro? Mi rendo conto che possa sembrare una presa in giro. Le indagini raccontano che i di- pendenti dei call centers sono in maggioranza donne, che quasi tutti posseggono un diploma o addirit- tura una laurea e che guadagnano - a seconda del con- tratto, quand’esso esista e sia veritiero (di solito le ore contrattuali sono inferiori a quelle reali) - tra i 250 e i 600 euro al mese più una percentuale a seconda dei con- tratti che riescono a far sottoscrivere ai clienti (le cosid- dette «attivazioni»). Un settore che occupa almeno 100mila persone, ma che è sempre a rischio «delocaliz- zazione». Già oggi molti call centers italiani sono stati spostati in Albania, Romania, Tunisia. Là i salari co- stano ancora meno e in più non si rischia un controllo della Guardia di finanza. Eccola la competizione esaspe- rata imposta dal sistema neoliberista e soprattutto gio- cata sulle spalle dei più deboli. A volte penso che potrei chiedere di essere liberato dall’invadenza dei call centers . C’è una via facile e le- gale per impedire che venga chiamato il proprio nu- mero. Tuttavia, subito dopo questo pensiero, mi ri- credo. Se si togliessero tutti, è probabile che molte persone rimarrebbero anche senza questa occupa- zione, pur precaria e malpagata. No, meglio conti- nuare a farsi disturbare. Forse un giorno risponderò di sì a una proposta. Magari soltanto per sentirmi meno colpevole. PaoloMoiola Italia / Vita da call centers la lInea È preCarIa (*) A livello mondiale l’Italia è terza, preceduta soltanto da Messico e Turchia. (**) Secondo il rapporto 2013 di Trasparency In- ternational , l’Italia è al 69° posto su 177 paesi. Al primo posto - che indica il paese più virtuoso - c’è la Danimarca, all’ultimo la Somalia. 180 miliardi / anno 170 miliardi / anno 60 miliardi / anno I granDI peCCaTI ITalIanI (stime minime per anno in euro) FONTI: Banca d’Italia, Cgia di Mestre, Ocse, Sos Impresa. Evasione-elusione fiscale* Economia criminale Corruzione** C onSeguenze prInCIpalI : distorsione del mercato e della concorrenza; incremento della tassazione; impoverimento dello stato e dei servizi per la collettività; in- cremento delle diseguaglianze sociali; abbas- samento della soglia dell’etica pubblica e pri- vata; incremento della sfiducia generale. # Sopra : impiegati in un call center . Sotto: una mensa della Caritas. MC ARTICOLI
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