Missioni Consolata - Marzo 2014
dati il primo bacio e la panchina su cui lui ha detto a lei che l’a- mava. Le nostre giovani filip- pine, tutte entusiaste, non face- vano più di 100 metri senza scattare una foto. Verso la fine dell’estate siamo anche andati in piscina, in più di 200 persone dai vari centri della zona. Mentre a ottobre ab- biamo organizzato il grande ba- zar al centro di Nog Yang con vendita di vestiti usati e di cibi tradizionali dei vari gruppi et- nici. Nigeriani, Filippini, Vietna- miti, Cambogiani, Thailandesi erano i gruppi più consistenti. I Cambogiani e Thailandesi, ben- ché non siano cristiani, sono as- sidui frequentatori del centro e ricevono aiuto grazie ad alcune donne di quelle nazioni che par- lano un po’ di coreano. Qui al centro chiunque può tro- vare aiuto medico, grazie a una specie di assicurazione a cui tutti contribuiscono, ma anche grazie ad aiuti generosi in occa- sione di grosse operazioni chi- rurgiche. C’è anche un aiuto le- gale e la possibilità di trovare ri- fugio in casi di violenza fami- liare. Una pastorale fluttuante La nostra è una pastorale, per così dire, «fluttuante». Siamo venuti in questa zona per assi- stere la comunità peruviana, che però ormai è quasi sparita. Al contrario invece la comunità di lingua inglese sta crescendo. A volte i nostri fedeli preferi- scono andare in altri centri dove si radunano i loro amici, così il loro numero in quei casi dimi- nuisce improvvisamente. In più ogni tanto gli agenti del- l’immigrazione fanno un raid a caccia di immigrati illegali e qualcuno dei nostri fedeli viene 12 MC MARZO 2014 rispedito in patria. In questo modo cinque mesi fa abbiamo perso il chitarrista della messa, Danny, un caro amico che con la moglie aveva animato la messa della comunità filippina per quasi 20 anni. Il nuovo direttore del coro è molto bravo, ma an- che lui illegale, come l’80% di tutti gli altri. Speriamo che non ce lo arrestino. «Senza di voi sarebbe dura» Un giorno, in un incontro, una si- gnora filippina con le lacrime agli occhi ci diceva: «Grazie, senza l’aiuto che i coreani e voi ci date, per noi la vita sarebbe vera- mente troppo dura!». A volte non ci rendiamo conto dell’impatto delle nostre azioni e sembra sempre troppo piccolo quello che facciamo. Padre Tam- rat va a tradurre all’ospedale o al centro legale. Un prete locale si preoccupa di avere i fondi per le emergenze ospedaliere o perché tutti possano mangiare quando andiamo in piscina. Noi met- tiamo in contatto questo e quello con una certa signora che aiuta COREA DEL SUD
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