Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014

Parole di corsa 76 amico GENNAIO-FEBBRAIO 2014 brosi che non. Bisogna aiutarli in tutto perché non hanno di che vivere. La casa. Il cibo. L’aiuto per i figli che vanno a scuola. Fino alla terza media vanno lì a Gambo. Ma le scuole più alte sono fuori e costringono i ragazzi a cercare casa… La missione aiuta la popolazione in tutto questo. Fintanto che arrivano gli aiuti, noi riusciamo ad aiutare». Perché hai deciso di diventare missionario della Consolata? «Per combinazione un amico mi ha indirizzato a padre Caffaratto che si occupava dei laici per mandarli in missione. Io non sapevo che lui fosse della Consolata. Ho parlato con lui, e lui mi ha in- dirizzato al superiore regionale di quel tempo: Igino Lumetti. Sono andato a Varallo Sesia per vi- sitare il seminario. Lì ho trovato un bel gruppo di giovani. E qualcosa mi ha detto: “Mah, prova!”». Puoi dire due parole sull’Etiopia? Quali sono le sue sfide missionarie principali? «Io sono sempre stato a Gambo, da quando sono arrivato in Etiopia, perché sono stato assegnato all’amministrazione dell’ospedale. È un lavoro molto impegnativo che richiede molta pazienza, molto amore per le persone che soffrono di più. «Q uando avevo 17 anni, in parrocchia a San Giorio di Susa ero incaricato dei film. Un giorno ho visto Molokai , un film su padre Damiano, il quale aveva speso tutta la sua vita per i lebbrosi, fino a morire di lebbra egli stesso. Vedendo quell’esempio, ho pensato che potevo fare anche io qualcosa. A quel tempo lavoravo, poi sono partito per il militare, e al ri- torno, dopo qualche mese di lavoro sono entrato in contatto con i Missionari della Consolata. Ho iniziato il seminario a Varallo Sesia nell’ottobre 1966. Nel 1973 ero alla Certosa di Pesio per il no- viziato. Finito il noviziato sono andato a Londra. Nel 1978 sono stato ordinato. Poi sono tornato a Londra fino al 1985. Ho fatto 5 anni in Colombia. Nel 1990 sono rientrato in Italia. Dopo la beatifi- cazione del fondatore sono tornato a Londra per altri 4 anni. L’ultima tappa è stata l’Etiopia, dove lavoro tutt’ora. Dopo molti anni sono andato a lavorare proprio in un posto dove c’erano i lebbrosi. Nella missione di Gambo ci occupiamo anche di loro. Nell’ospedale c’è un reparto di lebbrosi. Fuori c’è un villaggio per i lebbrosi. Poi c’è un se- condo villaggio più ampio che raccoglie sia leb- di Luca Lorusso Padre Renzo Meneghini, missiona- rio della Consolata di S. Giorio di Susa (Torino), da 18 anni lavora in Etiopia, a Gambo, come missionario e responsabile dell’ospedale. Una vocazione nata sotto il segno dei lebbrosi. I malati di lebbra sono ancora oggi una delle sue «preoccupazioni» più impellenti. © Af MC/D Brusa Non abbiate paura di donarvi

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