Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014
GENNAIO-FEBBRAIO 2014 amico 75 in realtà la vera sapienza di Dio, manifestata in Cristo. Aveva an- che finalmente accettato che la salvezza definitiva non era riser- vata al popolo ebreo, ma, attra- verso il Cristo, Dio l’aveva estesa a tutte le nazioni della terra. SALVEZZA VERAMENTE UNIVERSALE Alcuni testi paolini illustrano come la salvezza definitiva è ve- ramente universale: «Infatti non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti quelli che lo in- vocano» (Rom 10,12. Ancora) «Tutti voi, infatti, siete figli di Dio, per la fede in Gesù Cristo, poiché quanti siete stati battez- zati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né li- bero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). A questo punto sorgono alcune domande. Cosa è rimasto in Paolo di ciò che era prima della sua conversione? Come ha egli riadattato il suo modo di pen- sare? Cosa significa per lui «es- sere in Cristo» ed «essere una nuova creatura»? La risposta a queste domande non è molto semplice perché lo stesso Paolo non sempre chiari- sce bene il suo pensiero al ri- guardo. Quello che, tuttavia, appare molto chiaro è che Cri- sto guida la sua vita al punto che egli può affermare senza esitazione: «Sono stato croci- fisso con Cristo, non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Il problema, dunque, va risolto nella linea di un’espe- rienza di Cristo totalizzante. Nella sua esposizione teolo- gico-spirituale, Paolo non cono- sce una via di mezzo. Egli so- stiene che ognuno di noi è go- vernato o dalla ‘carne’ o dallo ‘Spirito’. Uno o appartiene al ‘Cristo’ oppure si trova sotto il ‘potere del peccato’. Di conse- guenza quelli che credono, e cioè, si sono appropriati degli effetti benefici dell’azione re- dentrice del Cristo, finiscono per essere «in Cristo», per ap- partenergli ed essere membra del suo corpo. Ognuna di que- ste polarità rappresenta una struttura di esistenza nella quale uno partecipa, nella quale l’esi- stenza di ognuno è determinata in quanto ognuno dei parteci- panti, per definizione, è aperto e recettivo di tale struttura. DA UNA STRUTTURA A UN’ALTRA Quindi il vangelo che Paolo predica è una esortazione a passare da una struttura a un’al- tra, dalla sfera del ‘peccato’ o della ‘legge’ o della ‘carne’, alla sfera della ‘vita’, di ‘Cristo’, dello ‘Spirito’. In un contesto in cui convivono diversi gruppi et- nici si richiede che uno debba passare da una cultura a un’al- tra, da una tradizione a un’altra, e quest’altra cultura è quella di Cristo. Tornando quindi alle domande già formulate in precedenza e cioè cosa rimane della specifi- cità originaria in Paolo dopo la sua conversione, dobbiamo guardare attentamente al suo concetto di «trasferenza». La strategia missionaria di Paolo, come appare dal libro degli Atti degli Apostoli, ebbe a che fare con un vasto ventaglio di etnie diverse che vivevano nell’area dell’Asia Minore. In tale regione vivevano gli abitanti della Misia, Bitinia, Licaonia, Cappadocia, Cilicia, Ponto e Galazia. Dalla Lettera ai Romani appren- diamo che le comunità paoline erano formate sia di Giudei che di Gentili (vedi 9,24). Non è di certo difficile immaginare quanto sia stato impegnativo per lui presentarsi a popoli di culture, tra- dizioni, costumi di- versi dai suoi. Per lui, che era fiero delle sue origini, come ap- pare nella lettera ai Filippesi: «Circonciso l’ottavo giorno, della stirpe di Israele, della tribù di Beniamino, fariseo quanto alla legge» (3,5), do- veva essere stato impegnativo operare una «trasferenza». Tut- tavia, Paolo considera tutti que- sti privilegi una «perdita», «una spazzatura». Egli ne da’ anche il motivo: «A causa della subli- mità della conoscenza di Cristo Gesù» (Fil 3,8). UNA NUOVA PROSPETTIVA D’ora in poi la sua preoccupa- zione non è tanto di far diven- tare i Gentili Giudei o i Giudei Gentili, ma di unirli in una nuova prospettiva di fede e in un nuovo tipo di relazioni co- munitarie. Con questa opera- zione Paolo non sta solamente eliminando le barriere sociali tra i Giudei e i Gentili, ma sta di- cendo ai nuovi convertiti a Cri- sto che essi costituiscono un popolo nuovo, una nuova etnia. Non sta proponendo di essere uniti in Cristo o presentando la creazione di una comunità che accetta altri gruppi etnici. Egli sta affermando che i nuovi se- guaci di Cristo sono una nuova e diversa etnia e che la loro identità deve essere diversa dalla precedente. Paolo sostiene l’idea di una nuova identità etnica quando nella lettera ai Galati afferma che il battesimo elimina le diffe- renze di nazionalità, le diffe- renze sociali e le differenze di sesso (cf. Gal 3,28). Coloro che si accostano al battesimo de- vono prendere coscienza che tra loro ci sono certamente queste divisioni, ma saranno eli- minate proprio dal battesimo. Dopo il battesimo si deve vi- vere insieme per formare un unico corpo di Cristo. A. Magnante AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT Paolo cambia tutte le carte in tavola della sua identità. L’incon- tro con Cristo lo induce a di- venire altro da sé. Allo stesso modo egli invita le nuove co- munità di credenti a fare altret- tanto: lasciare la loro vecchia identità per abbracciare quella nuova che elimina distinzioni etniche, so- ciali, di genere.
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