Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014
L ’ immagine più straziante del 2013 rimarrà quella delle pic- cole bare bianche, ognuna con un orsacchiotto sopra, dei bam- bini annegati a Lampedusa. Quanti bambini muoiono nella fuga dalla povertà e dalle guerre non lo sapremo mai, anche perché a volte non c’è traccia delle loro brevi esi- stenze negli elenchi ufficiali. Sappiamo però quanti bambini vi- vono oggi nella miseria: secondo il rapporto «The state of the poor» della Banca Mondiale, un terzo dei poveri del mondo sono minori, 400 milioni di bambini al di sotto dei 13 anni si trovano in uno stato di po- vertà assoluta. I dati sul nostro paese sono altret- tanto sconfortanti: in Italia un quarto dei poveri assoluti sono mi- nori. La povertà assoluta è, secondo la definizione dell’Istat, «l’incapacità di acquisire i beni e i servizi neces- sari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile». Sempre l’Istat ci segnala che in Italia nell’ultimo anno la povertà assoluta è cresciuta del 29 per cento, ormai ci sono quasi 5 milioni di persone in stato di grave indigenza, di cui oltre un milione sono bambini e ragazzi. L’Unicef e tutte le agenzie specializ- zate sui problemi dell’infanzia con- cordano nel dire che la povertà co- stituisce la principale causa di discri- minazione di bambini e adolescenti. Per questo suggeriscono di conside- rare il minore come titolare di un di- ritto alla protezione di base, il che significa che se il bambino è in uno stato di privazione a causa della condizione della sua famiglia, del suo gruppo sociale o del luogo dove vive, le istituzioni pubbliche devono prendersene cura, assicurandogli i diritti fondamentali e i servizi essen- ziali stabiliti dalla Convenzione In- ternazionale sui diritti dell’infanzia del 1989. Una Convenzione che, si noti bene, tutti gli stati hanno ratifi- cato, a parte Somalia e Stati Uniti. Ma per troppe bambine e troppi bambini la Convenzione è come se non fosse mai stata scritta. La situazione è così intollerabile che il presidente della Banca Mondiale, Jim Yong King, nella conferenza di presentazione del rapporto sulla po- vertà, ha avuto un moto di vergo- gna: «I bambini non dovrebbero es- sere così crudelmente condannati a una vita senza speranza». Grazie all’impegno per gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio si sono fatti alcuni progressi, ad esempio nel campo dell’educazione primaria in cui, tra il 1990 e il 2010, il tasso di frequenza scolastica dei bambini nei paesi in via di sviluppo è salito dal 60% al 79%. P assi avanti sono stati compiuti anche per combattere la mor- talità infantile che negli ultimi vent’anni è stata dimezzata, ma an- cora oggi 12.000 bambini muoiono ogni giorno per malattie che si pos- sono prevenire e nell’Africa sub sahariana il tasso di abbandono sco- lastico, specialmente delle bambine, è sempre elevatissimo. Non si sta facendo abbastanza. Fi- nora gli obiettivi stabiliti non sono stati raggiunti non perché siano troppo ambiziosi o tecnicamente inarrivabili, ma a causa di misure inadeguate e investimenti insuffi- cienti. Investimenti che si sono dra- sticamente ridotti anche nei paesi colpiti dalla crisi, dimenticando che il benessere di una famiglia e di una comunità dipendono dalla qualità dei servizi disponibili e che la ridu- zione della spesa per scuole, presidi sanitari, mense e altre forme di so- stegno sociale, accresce il disagio dei bambini. I n Italia, un esempio che ci tocca da vicino, dal 2008 la spesa per asse- gni famigliari è stata ridotta, è stato azzerato il fondo per l’inclu- sione degli immigrati e sospeso il contributo per l’alloggio ai nuclei fa- migliari da parte di quasi tutti i co- muni. Queste scelte, di cui sono re- sponsabili i vari governi che si sono succeduti nel nostro paese dallo scoppio della crisi a oggi, hanno pe- santi ripercussioni sulla sorte dei mi- nori. Anche l’aumento della disoccu- pazione si riflette su di loro, se i geni- tori perdono il lavoro, aumenta per i figli il rischio dell’abbandono scola- stico e, nelle situazioni di marginalità sociale, quello del lavoro minorile. Secondo un recente studio della Fondazione Trentin e della Ong Save The Children , in Italia ci sono 260 mila minori che lavorano, un lavoro che si svolge prevalentemente in imprese famigliari, agricole, dell’al- levamento, della ristorazione, ma che per 30 mila ragazzi fra i 14 e i 15 anni è svolto in condizioni peri- colose e di sfruttamento. Le vittime sono ragazze, provenienti dall’Est Europa o dalla Nigeria, sfrut- tate nella prostituzione o ragazzi egiziani e cinesi sfruttati in attività produttive, mentre fenomeni di tratta riguardano minori di origine Rom, coinvolti in circuiti di accatto- naggio e attività illegali. INFANZIA: SEMPRE PIÙ A RISCHIO? 400 milioni di bambini al mondo si trovano sotto la soglia di povertà assoluta. E anche la crisi nei paesi ricchi ha conseguenze nefaste sull’infanzia. Intanto gli Obiettivi del millennio arrancano. E in Italia cosa succede? Eticamente di Sabina Siniscalchi, Fondazione Culturale Responsabilità Etica PERSONA, ECONOMIA, FINANZA 66 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2014
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