Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014

sono ripetersi anche da noi. France- sca Zajczyk, docente di sociologia ur- bana all’università di Milano-Bicocca, rispondeva che la principale diffe- renza fra il caso francese e quello ita- liano risiede nel fatto che oltralpe «la ghettizzazione riguarda immigrati di seconda generazione, i quali speri- mentano la disillusione, la fine del sogno di integrazione e di benes- sere» mentre a Milano «sono immi- grati di prima generazione, spesso giunti da poco nel nostro paese. Per loro il sogno italiano resiste ancora». Inoltre, aggiungeva la sociologa, in Italia «la presenza straniera è più di- stribuita sul territorio. Questo mix sociale tende dunque a ridurre o a stemperare la marginalità e svolge un ruolo di ammortizzatore del disa- gio». Ciò premesso, concludeva Zajczyk, non si può del tutto esclu- dere l’ipotesi che la situazione che in Francia ha dato origine alle rivolte in- teressi progressivamente pure altri paesi e, per effetto emulativo, tocchi anche l’Italia. Quanto al tema specifico degli inse- diamenti informali, non ci sono dati Nemmeno la Svezia, spesso citata come modello di welfare state e ca- pace, fino ad oggi, di limitare il disa- gio sociale, è immune dai disordini. Nel maggio dello scorso anno, a Stoccolma la polizia uccide, nel ten- tativo di disarmarlo, un immigrato di origine portoghese armato di col- tello. L’evento suscita una serie di ri- volte che partono da Husby, quar- tiere multietnico della capitale sve- dese, e si estendono nel corso di cin- que giorni ad altri quartieri ed altre città. Sebbene i disordini a Stoc- colma abbiano proporzioni differenti rispetto a quelle di Parigi e Londra, il fatto che la pacifica e socialmente in- clusiva Svezia abbia vissuto giorni di violenza e scontri spinge molti com- mentatori a chiedersi: se l’instabilità può travolgere perfino la Svezia, che cosa può succedere altrove, dove le condizioni sono già più critiche e il disagio tangibile? La situazione in Italia In un articolo del 2005 il Sir (Servizio di informazione religiosa) chiedeva a diversi esperti se i fatti di Parigi pos- certi e univoci circa il loro numero sul territorio italiano, né è chiaro quante persone vivano in queste condizioni; le stime parlano di circa seimila baraccopoli in tutta la peni- sola e di circa due milioni di persone (non solo stranieri) interessate dal fenomeno degli alloggi informali. Il censimento Istat del 2011 ha rivelato che in dieci anni le famiglie che di- chiaravano di vivere in baracche, tende o simili era più che triplicato: oltre settantunomila contro le circa ventitremila del 2001. Nel corso del 2014 Cooperando cercherà di affrontare il tema delle periferie urbane, degli insediamenti informali e del disagio con una serie di reportage sulle realtà e sulle espe- rienze in corso in alcune città ita- liane. Particolare attenzione verrà data alla condizione dei migranti, ma si cercherà di estendere il più possi- bile lo sguardo in modo da far emer- gere un quadro il più verosimile pos- sibile delle persone e delle storie che abitano il margine e la periferia, ovunque questo si collochino nella città. Chiara Giovetti GENNAIO-FEBBRAIO 2014 MC 63 MC RUBRICHE © wikicommons

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