Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014

58 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2014 Libertà Religiosa La sentenza di Strasburgo La Cedu diede ragione a Sinan Isik con la sentenza del 2 febbraio 2010: c’era stata effettivamente una violazione dell’articolo 9 della Convenzione europea a causa del- l’obbligo di indicare la propria reli- gione sulla carta d’identità. Anche il ricorso al parere della Direzione per gli affari religiosi, secondo la Corte europea, era stata discutibile. In- fatti in una società democratica lo stato è il garante ultimo dei plurali- smi, compreso quello religioso. Le autorità dunque non possono privi- legiare un’interpretazione della re- ligione a scapito di un’altra, o co- stringere una comunità religiosa di- visa a porsi, contro la sua volontà, sotto una direzione unica: si viole- rebbe di nuovo, in tal caso, il do- vere di neutralità e imparzialità dello stato. Ricorrere al parere della Direzione degli affari religiosi, che si occupa solo di affari riguardanti la religione musulmana, non è conci- liabile con tale dovere. Essa infatti è un organismo di parte, che esclude l’esistenza dell’alevismo come reli- gione a se stante. È interessante, infine, pure quanto la Cedu affermò a proposito della possibilità di lasciare vuota sulla carta d’identità la casella ri- guardante l’apparte- nenza religiosa. Con la nuova legge, che lo prevede, infatti, le istitu- zioni manten- gono comun- que informa- zioni sulla re- la casella relativa sul documento d’identità possa essere lasciata vuota o che l’informazione già tra- scritta venga cancellata. Nel suo ricorso alla Cedu Isik ribadì le sue posizioni, ritenendo che la normativa, anche se nel frattempo modificata, violasse l’articolo 9 della Convenzione europea per i di- ritti dell’uomo (quella sulla libertà di religione di cui abbiamo parlato anche nei due precedenti articoli, ndr. ). Secondo lui, infatti, il rigetto della sua domanda di sostituire «islam» con «alevita» sulla sua carta d’identità, aveva rappresen- tato un’ingerenza dello stato nel suo diritto alla libertà religiosa, ol- tre al fatto che la carta d’identità, presentata continuamente e per i più svariati motivi, rappresentava di per sé una divulgazione obbligato- ria delle proprie opinioni religiose. Durante il dibattimento, pure il rap- presentante del governo turco ri- badì le posizioni della propria parte. Per rinforzarle, si riferì anche alla sentenza della Corte costituzionale del 1995 già ricordata. «La Repub- blica di Turchia è uno stato laico - affermò - dove la libertà di religione è espressamente consacrata dalla Costituzione». Negò che la legge contestata da Isik andasse contro quel principio. Il contenuto della carta d’identità, secondo lui, non poteva essere determinato in fun- zione dei gusti di ogni persona: le confessioni che fanno parte dell’i- slam sono molteplici ed era quindi necessario non menzionarle «per preservare l’ordine pubblico e la neutralità dello stato». ligione dei cittadini nei registri di stato civile. La casella dedicata al credo d’appartenenza, compilata o lasciata vuota, continua a esistere sulle carte d’identità e rischia in en- trambi i casi di diventare un’infor- mazione sulle convinzioni intime dell’individuo. Chi chiedesse di can- cellare l’indicazione religiosa po- trebbe essere ritenuto avverso al divino, chi invece lasciasse vuota la casella si distinguerebbe - contra- riamente alla propria volontà e in virtù di un’ingerenza delle pubbli- che autorità - da chi invece vi indi- cherebbe la propria appartenenza. La Cedu, insomma, con la sua sen- tenza indicò qual era il vero pro- blema contenuto nel caso Isik. Esso non riguardava tanto il rifiuto in sé di sostituire «islam» con «alevita» sulla carta d’identità, quanto la tra- scrizione - obbligatoria o facoltativa che fosse - della religione sulla carta d’identità che comportava, a causa dello stesso utilizzo del docu- mento, la divulgazione obbligatoria di convinzioni intime e personali. Era quella trascrizione che andava tolta. Solo così, concluse la Cedu, sopprimendo cioè la casella dedi- cata alla religione sulle carte d’i- dentità, si sarebbe potuto riparare © wikimedia.org © wikimedia.org

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