Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014

GENNAIO-FEBBRAIO 2014 MC 57 stesso di doverla se- gnalare sul do- cumento d’iden- tità. L’obbligo lo co- stringeva contro la sua volontà a rivelare la sua apparte- nenza religiosa, violando, a suo pa- rere, la Costituzione turca, che nel- l’articolo 24 afferma: «Nessuno può essere obbligato a rivelare le pro- prie credenze e le proprie convin- zioni religiose». Anche il parere della Direzione degli affari religiosi, che aveva considerato la sua con- fessione come islamica, per Isik era inaccettabile. La giustizia turca ha tempi invidia- bili. Prima della fine di quello stesso 2004 arrivò la decisione della Cas- sazione. Purtroppo per Isik, anche questa a suo sfavore. La Cassazione infatti confermò la sentenza della Corte d’appello, respingendo la sua richiesta. Per la Direzione degli af- fari religiosi, così come per i giudici di primo e secondo grado, l’obbligo di indicare la propria religione sulla carta d’identità non violava il princi- pio di rispetto della laicità pre- scritto dall’articolo 136 della Costi- tuzione. A sostegno di questa posizione c’era addirittura una sentenza della Corte costituzionale turca del 1995, che difese quell’obbligo di legge: «Lo stato deve conoscere le carat- teristiche dei suoi cittadini» per esi- genze di ordine pubblico, di inte- resse generale e per «imperativi economici, politici e sociali». La norma riguarda tutte le religioni, che vengono quindi trattate allo stesso modo come deve avvenire in uno stato laico. Di conseguenza non crea alcuna discriminazione tra i cit- tadini. Essa, infine, non si intro- mette nelle credenze degli indivi- dui, o nella loro mancanza di cre- smo che dipende dal primo mini- stro e ha il compito di occuparsi delle credenze, del culto e della morale dell’islam, nonché della ge- stione dei luoghi di culto. Essa in- dicò l’alevismo come un sotto- gruppo dell’islam che non può es- sere considerato una religione indi- pendente. La dicitura «alevita» - se- condo la Direzione degli affari reli- giosi - non va quindi indicata sulla carta d’identità, dove non possono essere riportate le sottoculture o le interpretazioni di una religione, ma solo la dicitura generale per non compromettere «l’unità nazionale, i principi repubblicani e il principio di laicità». La Corte d’appello stabilì dunque che non vi era errore relativo all’in- dicazione dell’appartenenza reli- giosa sul documento di riconosci- mento di Isik. Per chiarirlo ancora meglio, indicò che dal materiale stesso prodotto dall’interessato a sostegno della sua richiesta, l’alevi- smo risultava un’articolazione del- l’islam. Gli aleviti infatti, ad esem- pio, considerano Ali come il primo imam con un ruolo centrale nella loro confessione religiosa. Ma, come quarto califfo, genero e suc- cessore di Maometto, egli è una delle personalità più illustri dell’i- slam. Gli aleviti, insomma, secondo la Corte d’appello, sono degli isla- mici, esattamente come cattolici, protestanti e ortodossi sono tutti cristiani. Quando un individuo ade- risce a una delle interpretazioni del- l’islam, rimane islamico. Sull’obbligo di dichiarare il proprio credo Isik non accettò la sentenza e fece ricorso alla Cassazione, precisando meglio la sua posizione. Oltre all’in- dicazione errata della propria reli- gione, egli infatti contestò il fatto denze. In parti- colare, non intro- duce alcun obbligo - incostituzionale - a di- vulgarle. D’altro canto il codice civile turco permette a ogni cittadino maggiorenne di sce- gliere liberamente la propria reli- gione. Nel caso la cambi, è suffi- ciente che richieda agli uffici dello stato civile di scrivere quella nuova. Cinque giudici costituzionali su un- dici, si erano opposti alla decisione degli altri sei, ritenendo incostitu- zionale la legge. La sentenza del 1995 fu, quindi, a strettissima mag- gioranza. L’ostinazione di Isik Sinan Isik non si diede per vinto, e si appellò alla Corte europea dei di- ritti dell’uomo (Cedu). Poté farlo perché la Turchia, che non appar- tiene, come noto, all’Unione Euro- pea - è in corso l’esame della sua ri- chiesta di entrare a farne parte -, è però membro del Consiglio d’Eu- ropa, e ha quindi sottoscritto la Convenzione dei diritti dell’uomo di cui la Cedu controlla il rispetto. Nel frattempo in Turchia fu intro- dotta una normativa più tollerante che abrogava la precedente. Da quel momento le informazioni rela- tive alla religione dell’individuo sono inserite o modificate nei regi- stri di stato civile solo in base a quanto dichiarato per iscritto dal- l’interessato. È previsto inoltre che © wikimedia.org MC RUBRICHE # A sinistra : danze alevi. In alto: la moschea Ş akirin (in turco Sakirin Camii), nella città di Istanbul, in Turchia, nel quartiere Üsküdar, nei pressi del cimitero Karacaahmet. | La diffusione dell’alevismo.

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