Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014

© Ufficio pastorale migranti, Torino U sciamo dalle aule della scuola tradizionale per calarci in quelle particolari della scuola di lingua italiana, per adulti di ogni nazionalità ed età, te- nuta dall’Ufficio pastorale migranti (Upm). Arriviamo alla sede di Torino nel cuore della mattinata. La vitalità e il fermento caratterizzano questo luogo fuori dall’or- dinario, denso di un’atmosfera cosmopolita e piena di umanità. Da un lato la scuola offre accoglienza agli im- migrati e dall’altro si occupa di insegnare l’italiano come strumento di integrazione nella società di arrivo. L’istituto è suddiviso in tre sezioni e alterna gli inse- gnamenti al mattino e al pomeriggio per tutti i giorni della settimana, considerando i pre-requisiti dei singoli iscritti e formando così delle classi specifiche per ogni necessità. Una volta alfabetizzati, gli allievi possono iscriversi nei Ctp (Centri territoriali permanenti) per conseguire il diploma di scuola secondaria di primo grado (licenza media) e iniziare percorsi di professio- nalizzazione. Secondo i dati statistici ( Dossier 2012 Upm Arcidiocesi di Torino ), il totale degli iscritti era 1.031, di cui il 29% relativo ai richiedenti asilo. La pro- venienze maggiori riguardano l’Africa settentrionale, quella sub-sahariana, l’America centrale/meridionale e l’Europa Orientale . I n questo microcosmo incontriamo suor Lidia, re- sponsabile della scuola di italiano. Suor Lidia, sorella delle Figlie di Maria Ausiliatrice (conosciute come missionarie salesiane), ha vissuto 24 anni in Tunisia, lavorando e insegnando in una scuola con 600 alunni musulmani. Nel 2010 è tornata in Italia e ha iniziato la sua missione all’interno dell’Upm. È una piccola- grande donna che, con fare dolce e deciso al tempo stesso, ci regala qualche fotografia di ciò che accade in questa scuola «altra»: «Qui, ogni anno la scuola cam- bia aspetto. Il bacino di utenza è sempre diverso a se- conda delle situazioni politiche delle differenti nazio- nalità. In questo periodo abbiamo molti rifugiati dal Pakistan, dall’Afghanistan e dalla Turchia. Rispetto agli anni passati, si avverte inoltre una femminilizzazione dell’istruzione. Le dinamiche sono differenti da quelle della scuola “classica”: attraverso l’insegnamento della lingua italiana ci si prende cura della persona, la si orienta a livello pratico, cercando di aiutarla a distri- carsi nelle tante difficoltà che comporta una nuova vita. Molti di loro non hanno un’abitazione e passano la notte nei dormitori pubblici, arrivando qui al mat- tino non solo per “apprendere”, ma anche per rice- vere calore. Il rapporto con gli insegnanti, che svol- gono un servizio volontario, non rientra nei canoni di quello istituzionale. I docenti si pongono con rispetto e spirito di adattamento nei confronti degli studenti e questi ultimi riconoscono in loro il senso dell’atto gra- tuito e ne sono profondamente grati. Si crea spesso una rete di collaborazione e amicizia». In questa scuola «oltre la scuola», quanto interviene la fede e la spiritualità nel processo di maturazione di ogni singola persona? «Per i volontari credenti la spiritualità è la molla fondamentale che rompe le barriere tra noi e gli altri. Per quelli laici interviene invece spesso un senso di giustizia che li fa muovere in nome dell’integra- zione. Lo studio della lingua italiana diventa stru- mento per imparare a rispettare le altre culture e reli- gioni. In questa palestra di vita, gli studenti imparano in fretta che la loro libertà finisce dove inizia quella di un altro e tutto ciò mette in atto un meccanismo di crescita profonda. Come sosteneva Don Bosco, la pre- venzione è alla base della nostra missione. Una mis- sione che passa dall’apprendimento ma mira all’inte- grità della persona, alla trasmissione della fiducia, della condivisione e della reciprocità. La cura è l’esatto opposto dell’indifferenza ed è quello che cerchiamo di trasmettere ai nostri allievi, nel rispetto delle personali religioni di cui facilitiamo la pratica indirizzandoli nei luoghi di culto giusti». Suor Lidia ci accompagna nelle aule dell’Ufficio pasto- rale migranti. Lavagne e penne rosse non mancano, ma qui quello che fa la differenza sono le storie di ogni persona, il cammino che c’è alle spalle di ognuna di loro e il sogno che la fa andare avanti. In questo para- digma inconsueto, gli insegnanti non impartiscono solo lezioni ma devono saper vestire i panni degli edu- catori, degli amici e degli psicologi. In una sfida che su- pera le barriere della nazionalità. Gabriella Mancini S ITO WEB : www.migrantitorino.it La scuola dell’Ufficio pastoralemigranti, a Torino A lezione da suor Lidia A sinistra: lezione nella scuola per stranieri gestita dall’Ufficio pastorale migranti, a Torino. A destra: il liceo Copernico di Torino.

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