Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014
GENNAIO-FEBBRAIO 2014 MC 29 Intervista a Leonardo Patuano, presidente Avo Piemonte Noi, volontari europei Uno scambio tra chi pratica volontariato per conoscersi e avviare rapporti duraturi nel tempo. Capire le differenze di servizio nei nostri paesi, impa- rare. Perché «il volontariato richiede professionalità e competenza». Quali sono gli obiettivi dello scambio tra volonta- riato italiano e portoghese? «L’idea di partenza è quella di conoscersi meglio, per scambiarsi a vicenda le “buone pratiche” e avviare rapporti di collaborazione che durino nel tempo. Le colleghe portoghesi ad esempio sono rimaste molto colpite dalla nostra capacità di operare “in rete” con altre associazioni presenti sul territorio: nell’ospedale pediatrico di Torino ad esempio l’Avo collabora con al- tre sei realtà, tutte impegnate, con competenze di- verse ma complementari, nell’assistenza al bambino malato e alla sua famiglia; in varie Avo piemontesi si interviene poi accanto ai malati psichiatrici in siner- gia con associazioni di familiari e utenti. Si tratta di un’attitudine a non chiuderci nel nostro orticello ma a cercare la collaborazione con altri per garantire un servizio che risponda a 360° alle esigenze del malato. Ecco, questo modello culturale, questo passag- gio dalla “mia associazione” al “noi volontari” è stato un aspetto apprezzato dalle colleghe porto- ghesi. E in fondo, è lo stesso atteg- giamento che ci ha spinti a guar- dare fuori dai confini nazionali. Da parte nostra, siamo rimasti colpiti dalla concezione porto- ghese che considera il volonta- riato un impegno da assumersi nei riguardi dell’intera nazione». Come avete selezionato i volon- tari destinati allo scambio? «Intanto c’era un limite d’età per- ché il progetto dell’Ue era rivolto ai volontari senior (over 50), per valorizzarne l’espe- rienza e per renderli più consapevoli della dimensione europea in cui si inserisce il loro servizio. La selezione non è stata semplice perché le Avo del Piemonte rag- gruppano circa 3.000 volontari, di cui 2.500 al di so- pra dei 50 anni; perciò sono andato in “missione” nelle diverse zone per presentare il progetto e fare proseli- tismo tra i volontari. Alla fine è uscita una rosa di 10 candidati, e la selezione si è svolta in base a precisi re- quisiti: la provenienza geografica, in modo che fossero rappresentate le diverse realtà del territorio piemon- tese, la capacità di restituzione dell’esperienza ai col- leghi rimasti a casa, il ruolo ricoperto all’interno del- l’associazione, e ovviamente, come titolo preferen- ziale, la conoscenza della lingua portoghese o dell’in- glese». Quali sono le aspettative rispetto a questa espe- rienza? «Prima di tutto c’è una valenza formativa, i volontari europei possono apprendere gli uni dagli altri svilup- pando la propria capacità d’innovazione. Ma soprat- tutto mi auguro che esperienze come questa servano per darci una spinta in più nelle cose che già fac- ciamo, spronandoci a farle sempre meglio, raffor- zando la nostra consapevolezza e le nostre motiva- zioni. Perché il volontariato non è fatto solo di altrui- smo e buoni sentimenti, ma ri- chiede professionalità e compe- tenza. Dobbiamo formarci e ag- giornarci di continuo, per stare accanto alle persone più vulnera- bili senza fare involontariamente danni, ma offrendo loro un aiuto reale». Stefania Garini MC ARTICOLI
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