Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014
pensione per i lavoratori. Attual- mente tutto questo non esiste. Chiede anche rispetto per chi è iscritto alle organizzazioni sindacali. Il patronato invece punta a fermarsi alla metà e senza alcuna misura di compensazione. Le principali marche che passano gli ordini per fabbricare manufatti tes- sili ad Haiti sono statunitensi: Gil- dan, Levi’s, Hanes, Gap, Wallmart. In passato vi era anche la Disney che in seguito a una campagna in- ternazionale di boicottaggio lasciò il paese. «Il prezzo del lavoro dell’operaio, chiamato il paniere famigliare, e trattato come una qualsiasi merce nel sistema capitalista, è quello che deve garantire che possa vivere lui e la sua famiglia. Per il patronato il salario deve permettere di essere competitivi a livello internazionale, per questo va messo al ribasso. Io la chiamo “tendenza schiavitù”. Ov- vero, se avessero degli schiavi sa- rebbero estremamente competitivi. Questo non è accettabile: il salario deve permettere la vita dell’ope- raio. Il livello paniere famigliare, che è comunque dello sfrutta- mento, almeno permetterebbe al- l’operaio di sopravvivere. Sul mercato internazionale Haiti ha un grande vantaggio per gli indu- striali: ha il costo della mano d’o- pera più basso delle Americhe e uno delle tre minori al mondo, in- sieme a Sri Lanka e Bangladesh. La questione del salario è mondiale e ad Haiti è un caso estremo». Terra da esportazione Poi c’è il piano per lo sviluppo del- l’agro industria, che è ancora in preparazione e i cui contorni non sono chiari. Esistono diversi pro- getti che puntano alla produzione industriale di prodotti da esporta- zione, tra cui il biocarburante. Per questo motivo parlamentari e gente vicina al governo sta acqui- stando terre nelle zone sensibili, per rivenderle poi ai progetti di agro industria oppure entrare a farne parte. I piccoli contadini sono espropriati e il piano è di creare operai agricoli sottopagati. Il terzo punto del governo per lo «sviluppo» di Haiti è il turismo di alta gamma, e per questo hanno già costruito due hotel di lusso a Pe- tion-Ville (come l’Hotel Oasis) e un altro è in costruzione a Port-au- Prince. GENNAIO-FEBBRAIO 2014 MC 25 Ogni zona franca è composta da 30- 40 fabbriche tessili, con 30.000 operai ognuna. E tutto con i soldi della ricostru- zione: il parco industriale di Cara- col, è stato l’unico grande progetto della Cirh (Commissione ad interim per la ricostruzione di Haiti), istitu- zione che ha veicolato i fondi dei governi donatori, presieduta dallo stesso Bill Clinton, che ritroviamo a fianco della moglie Hillary - segreta- rio di Stato Usa - all’inaugurazione dell’opera 3 . Notare che Caracol è nel Nord quindi non in zona terre- motata. «Clinton utilizza i fondi della ricostruzione per portare avanti il suo piano». Continua Do- minique. «Tendenza schiavitù» «Il piano è chiaro e si basa sul sala- rio minimo che gli operai del tessile dovrebbero avere. Secondo il co- dice del lavoro, articolo 137, il sala- rio minimo deve essere aggiornato ogni anno secondo l’inflazione, che talvolta raggiunge il 100% annuo. Ma ad Haiti, sono passati cinque anni e il salario è rimasto lo stesso. Nel 2009 abbiamo fatto una grande lotta per avere 200 gourd al giorno (circa 5 dollari Usa, ndr ), ma ab- biamo ottenuto solo 125 gourd . Notare che il ministero degli Affari sociali, che regola questi aspetti ha detto che ne occorrerebbero 300 per far vivere un operaio. Ecco l’a- spetto criminale di questo go- verno». Poi c’è stato il terremoto e la questione è passata in secondo piano, per le autorità. «Oggi c’è una nuova lotta sul sala- rio minimo. Il governo ha nominato una Commissione superiore del sa- lario in risposta a una serie di mobi- litazioni che abbiamo fatto dal 2009 a oggi. È una commissione tripartita, dove sono rappresentati il governo, il pa- dronato e i lavoratori attraverso i sindacati. Ma patronato e governo sono d’accordo». Batay Ouvriye organizza comunicati stampa, dibattiti, mobilitazioni nelle varie zone sensibili, come a Ouanaminthe (frontiera Nord), a Caracol, a Port-au-Prince. Il sindacato chiede un salario mi- nimo di 500 gourd (12,5 dollari) con delle misure di compensazione da parte del governo: trasporto, cure di base (un dispensario presente in ogni parco industriale), una mensa con un contributo per il cibo e la W illiam Jefferson Clinton diventa presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio 1993 (rimarrà in carica fino al 2001). In quell’epoca il presidente haitiano Jean-Bertrand Aristide è in esilio a Washington ed è vicino agli ambienti democratici. Nell’ot- tobre 1994 Clinton lancia l’opera- zione «Restore democracy» e in- vade Haiti con 20.000 marines : ri- porta Aristide al potere. Il presi- dente haitiano è però costretto ad accettare tutti i diktat dei Piani di aggiustamento strutturale. Clin- ton impone ad Aristide il famige- rato programma del Fondo mone- tario internazionale (Fmi) con il quale i dazi doganali di riso e mais sono minimizzati. Quelli del riso passano dal 35% al 3%. Il riso ame- ricano, sovvenzionato, costa meno di quello haitiano e invade il mer- cato interno. È la fine dell’econo- mia agricola haitiana e la fame per centinaia di migliaia di produttori 4 che si riversano in città. Haiti im- porta il 75% del cibo che consuma. N el 2009 Bill Clinton viene nominato inviato speciale dell’Onu per Haiti. Il 10 marzo 2010, in commissione esteri del Senato Usa, fa mea culpa : «Può essere stato positivo per i miei agricoltori in Arkansas, ma non ha funzionato, è stato un errore. Io, nessun altro, vivo ogni giorno con la colpa della perdita di capacità di produrre riso in Haiti per sfamare quella gente, a causa di quello che ho fatto» 5 . Dopo il terremoto del 2010, in- sieme a George Bush, costituisce il Fondo Clinton Bush per Haiti . Dal giugno 2010 è alla testa della Commissione ad interim per la ri- costruzione di Haiti (Cirh) che ge- stisce, senza alcun controllo, i 10 miliardi di dollari promessi per la ricostruzione. Hillary e Bill Clin- ton inaugurano la zona franca di Caracol nell’ottobre 2012. Marco Bello I Clinton e Haiti MC ARTICOLI
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