Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014
16 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2014 per funzionare in modo relativa- mente indipendente dalla città esi- stente e le principali fonti di ap- provvigionamento idrico saranno diverse». Tuttavia, «l’acqua po- trebbe essere occasionalmente presa dalla riserva della Valle del- l’uva», cioè il bacino idrico che rifornisce la grande area ricoperta di vigneti, che rende Turfan una delle capitali cinesi della frutta. La nuova ecocity risolverà i pro- blemi o ne creerà di nuovi? Che fu- turo avrà la Valle dell’uva, ele- mento imprescindibile non solo per l’economia, ma anche per la civiltà di questa zona? Una voce si rin- corre incontrollata: «Il governo pre- vede di trasformare la Valle in un enorme scenic spot per turisti - ci dice un uiguro la cui famiglia ha una fattoria proprio lì - gli attuali resi- denti saranno incoraggiati a la- sciare le proprie case per andare nella nuova città». Leggende metro- politane? Forse, ma oltre a far cre- scere la diffidenza nei confronti di Pechino, la voce crea già effetti molto materiali: «Un giorno, vorrei tornare in questa fattoria e conti- nuare il lavoro di mio padre e di mio nonno - ci dice Tömür (nome fitti- zio), che fa l’operatore sociale a Urumqi - ma proprio il mio vecchio non vuole lasciarmela in eredità. Vuole vendere tutto». Intorno a noi, i filari delle vigne cir- condati da alberi di datteri, l’uva passa esposta a essiccare e il re- cinto con le tipiche pecore dello Xinjiang, dotate di quella buffa ri- serva di grasso sotto la coda che rende gli spiedini così gustosi. Non possiamo verificare a oggi se questa grande opera sarà anche in- gegneria sociale oltre che civile, ma c’è da chiedersi se un eventuale svuotamento della Valle dell’uva per trasferire la popolazione locale nella nuova ecocity , darà luogo a un melting pot felice o sarà invece una nuova fonte di conflitto. A ogni modo, è percepibile il rischio che l’ecosistema Xinjiang possa es- sere ulteriormente sconvolto da enormi progetti imposti dall’alto per fare di questa terra un trampo- lino di lancio per l’Asia centrale. Sia inteso: lo Xinjiang ha bisogno di progresso. Degli 1,5 milioni di bam- bini di strada che percorrono le città cinesi, rubando, prostituen- dosi, vivendo alla giornata, si cal- cola che almeno 100mila siano ori- ginari della grande regione auto- noma: sono quasi tutti Uiguri e ven- gono da famiglie povere. La loro condizione è resa peggiore dall’es- * Gabriele Battaglia, giornalista, vive a Pechino. Collabora con China Files. S ITO : www.china-files.com. A RCHIVIO MC : Alessandra Cappelletti, Xinjiang. La lunga conquista , Dos- sier, gennaio 2010. # In questa pagina : ancora scene di strada a Kashgar. sere vittime designate di due cul- ture: quella musulmana, per cui ru- bare è peccato; quella han, che li disprezza rinnovando il mito dell’ui- guro-delinquente. Così, quando vengono raccolti e rispediti a casa nell’ambito dei programmi di recu- pero del governo, finiscono spesso per tornare sulla strada in quanto rifiutati dalle loro stesse famiglie. Emarginati per sempre. C’è bisogno dunque di più ricchezza condivisa e di sviluppo. Ma qual è, in definitiva, il prezzo del progresso? In un con- testo del genere, l’Islam radicale di- venta una strategia di sopravvi- venza molto efficiente e flessibile. Altro che un virus d’importazione. Perché offre sia una cornice morale a chi lotta quotidianamente per una vita migliore e nutre speranze di successo, sia una zona di comfort a chi è lasciato indietro. L’architetto Hesmat, che un giorno vorrebbe tornare qui e aprire un proprio studio, riconosce che «il fondamentalismo si sta allar- gando». Qualche tempo fa era un giovane secolarizzato, non immune da qualche serata alcolica durante i propri anni da studente. Oggi ri- spetta i dettami del Corano senza strafare, studia e lavora: «Per sen- tirmi pulito», spiega. Lui riesce an- cora a mantenere il proprio equili- brio, tenendosi aggrappato al «so- gno cinese». Gabriele Battaglia* CINA
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