Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014

14 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2014 L a popolazione uigura dello Xinjiang (circa 9 milioni di persone) è in maggioranza musulmana sunnita. Sulle montagne del Pamir esistono comunità kazake sciite, mentre l'immigrazione han ha riportato nel territorio il buddhismo, presente anche in un'antichità di cui resta trac- cia nelle numerose grotte affrescate. La Costituzione cinese garantisce la libertà di religione e, benché laica, non è necessariamente in contraddizione con i precetti che garantiscono una condotta islamica ( maqasid al-Shariah ). Un buon musulmano deve obbedire al sovrano, anche se questi non professa la stessa fede, e gli sono pre- clusi atti di ribellione: tutti precetti che si sposano perfetta- mente con le politiche e i codici legali di Pechino. Esplicita è la condanna dell' hiraba , che molti studiosi associano al ter- rorismo. Più contrastato è il tema del controllo familiare. Nell'applica- zione della «legge del figlio unico» (modificata il 15 novembre 2013, ndr ), la Cina si è dimostrata piuttosto rispettosa dei di- ritti delle minoranze e le coppie uigure possono avere due fi- gli se residenti in città e tre se vivono invece nelle aree rurali. In teoria non è ancora abbastanza per la tradizione delle grandi famiglie patriarcali locali, ma è un ottimo compro- messo. È invece un problema irrisolto quello dei matrimoni con i cinesi han , legali per lo stato, ma che per gli Uiguri si- gnificano quasi sicuramente interruzione della linea fami- liare e religiosa: la cultura della Cina «maggioritaria» è più globalizzata e accattivante per i giovani figli di coppie miste. Controverso è anche il tema dell'educazione all'Islam, visto che la Costituzione cinese prevede che a nessun cittadino della Repubblica popolare possa essere imposto un credo reli- gioso prima che diventi maggiorenne, mentre non esistono in- vece limitazioni d'età per promuovere l'ateismo. Suscitano tensioni le misure di controllo via via più rigide sulle pratiche religiose, dovute soprattutto al timore di infil- trazione fondamentalista. Tra queste, il divieto di finanziare direttamente istituzioni religiose, come le moschee. L’articolo 36 della Costituzione prevede che nessun individuo possa svolgere pratiche «che nuociono alla salute dei citta- dini», scontrandosi così, spesso, con il digiuno durante il ra- madan. Una clausola dello stesso articolo vieta inoltre le prati- che «che disturbano l'ordine pubblico», lasciando molta di- screzionalità ai funzionari chiamati ad applicarla: può anche significare il divieto di indossare il velo islamico in pubblico. Come dappertutto in Cina, gli Imam sono dipendenti pubblici tenuti a formarsi presso istituzioni religiose di stato. Per lo Xinjiang, si tratta dell'Istituto per lo Studio dei testi islamici di Urumqi, dove è obbligatorio seguire anche corsi di «marxi- smo e religione» e sul «pensiero di Deng Xiaoping», cosa che spinge di- versi religiosi a formarsi e a operare clandestinamente, svolgendo spesso anche il ruolo di qadis , giudice isla- mico: cosa assolutamente vietata dalle leggi cinesi. Gabriele Battaglia Pechino e la religione L’Islam degli Uiguri CINA le autorità sostengono che le mino- ranze devono prima e soprattutto imparare il mandarino, se vogliono trovare il proprio posto nel mercato del lavoro. D’altra parte, molti Ui- guri trovano umiliante vedere la propria lingua relegata al ruolo di dialetto locale, con il rischio che scompaia nel giro di qualche gene- razione. Ed ecco un’altra storia che ci ha rac- contato Hesmat. «Cinque anni fa, una giovane donna uigura mia amica ha concluso un dottorato di ricerca in fisica teorica presso una prestigiosa università giapponese. Tuttavia, le è stato in seguito ne-

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