Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014
quella terra, dove siamo stati pochi giorni prima che il denso fumo nero di una Jeep in fiamme oscurasse il volto di Mao Zedong. L’idea: tanti progetti, poca politica Sull’autostrada tra Urumqi e Turpan, il «grande sogno cinese», slogan lan- ciato del presidente Xi Jinping, sem- bra dispiegato in tutta la sua po- tenza. In un incredibile paesaggio lu- nare, le gigantesche turbine eoliche si susseguono in file parallele per chilometri e chilometri, come un fu- turistico esercito di terracotta in marcia verso l’avvenire. Rappresen- tano la componente ambientale del «sogno»: costruire una economia sostenibile. Lo Xinjiang deve diven- tare, nelle intenzioni di Pechino, un hub energetico, commerciale, tec- nologico, la porta spalancata sulla moderna Via della Seta. A Turpan, è in costruzione una «Ecocity» nuova di zecca proprio di fianco alla preesistente città di 250mila abitanti, già antica oasi che costeggiava il deserto del Takla- makan. È un perfetto esempio di ciò che la leadership cinese intende per chengzhenhua , la nuova urbanizza- zione «sostenibile» che segnerà il futuro del Dragone. Ma è anche la metafora che utilizzeremo per de- scrivere la questione uigura. Che è un problema di uguaglianza nella diversità, come ci ha spiegato Wang Hui, intellettuale della «nuova sini- stra» cinese: «Da un lato è perfetta- mente legittimo voler migliorare la situazione economica, ma attual- mente c’è una crisi ecologica che va di pari passo con una crisi culturale, perché lo stile di vita di quella gente sta cambiando, e così ab- biamo i conflitti in Xinjiang e Tibet». Si tratta dunque di «rispettare la singolarità, la diversità, le diffe- descrizione perfetta di quanto ac- caduto in piazza Tian’anmen. Al- meno apparentemente. Fatto sta che il mondo ha scoperto lo Xinjiang attraverso il suo volto peggiore e la domanda che ricorre è: Al-Qaeda è arrivata in Cina? È in corso un salto di qualità nelle ten- sioni che percorrono l’estremo oc- cidente cinese? La sclerotizzazione del discorso porta inevitabilmente al circolo vizioso terrorismo-repres- sione, in una regione che vive già sulla propria pelle una progressiva, soffocante militarizzazione; in para- dossale contrasto con la totale li- bertà di movimento e le sempre maggiori aperture di cui benefi- ciano le grandi città della Cina orientale. L’attentato ha fatto pro- prio questo: portare un po’ di Xinjiang a Pechino. Con il clima che laggiù si respira. E allora bisogna forse provare a rac- contare la complessa realtà di CINA A settembre, il presidente cinese Xi Jinping ha com- pletato un tour di dieci giorni in Asia centrale, con tappe in Turkmenistan, Kazakistan, Uzbekistan e Kirghizistan, al G-20 di San Pietroburgo e al summit della Shanghai Cooperation Organization di Bishkek. In Turkmenistan, Xi ha inaugurato un giacimento di gas naturale; in Kazakistan ha promesso 30 miliardi di dol- lari in progetti energetici e infrastrutturali. In Uzbeki- stan e Kirghizistan, ha fatto promesse simili. In tutti i paesi visitati, il presidente cinese ha cercato di dare soli- dità ai rapporti bilaterali: investimenti e sostegno finan- ziario che arrivano dal grande portafoglio del Dragone, in cambio di una sempre maggiore cooperazione sul piano diplomatico, della sicurezza regionale e delle politiche energetiche. A novembre 2013 la Cina ha concluso il terzo Plenum del Partito comunista, decidendo di spingere sull'accelera- tore delle riforme economiche e sociali. Bisogna trasfe- rire ricchezza alle famiglie, creare il nuovo ceto medio e continuare quindi sulla strada dello «sviluppo pacifico». Per farlo, sono necessari sia buoni rapporti con i paesi confinanti, sia una rete efficiente e sicura di rifornimenti energetici. Così, i flussi transfrontalieri si intensificano in tutta l'a- rea: ci sono le strade (il corridoio Kashgar-Gwadar, dalla Cina al Pakistan ma anche un reticolo viario in costru- zione più a Nord, nelle repubbliche centro-asiatiche); c'è la ferrovia (il 17 luglio è stata inaugurata la linea diretta da Zhengzhou, capitale della provincia dell'Henan, ad Amburgo); ci sono soprattutto oleodotti e gasdotti, come quello dell'Asia Centrale, che collega il giacimento turk- meno di Galkynysh allo Xinjiang. Per dare un'idea dell'importanza strategica di questa nuova «Via della Seta» multiforme, basti pensare che un eventuale prolungamento dal porto pakistano di Gwadar allo Xinjiang del gasdotto Iran-Pakistan - un progetto sempre più probabile - consentirebbe alla Cina di utiliz- zare lo scalo sul Mare Arabico per trasportare via terra il petrolio che arriva dallo stretto di Hormuz, rispar- miando così tempo rispetto alla rotta via mare e guada- gnandoci anche in sicurezza (non ci sarebbe più da pattu- gliare l'Oceano Indiano). Ecco quindi l'importanza di quella che ad Astana, capi- tale kazaka, Xi Jinping ha definito «cintura economica della Via della Seta» che, lo sappiamo bene, anche in anti- chità era più un reticolo di strade che una sola. Proprio come oggi. E che, proprio come oggi, convergeva inevita- bilmente sullo Xinjiang. Gabriele Battaglia Il presidente Xi Jinping La nuova via della seta
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