Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014

GENNAIO-FEBBRAIO 2014 MC 11 l’attacco terroristico» e arrestate nelle ore successive allo schianto della Jeep. Funzionari cinesi hanno in seguito esplicitamente accusato l’Etim, il «Movimento islamico del Turkestan orientale» (un’organizzazione di cui non si conosce la reale consi- stenza), di essere l’ispiratore del- l’attentato. Ma già prima che il problema arri- vasse nel cuore simbolico della Cina, diversi «incidenti» (leggi «scontri tra le forze di sicurezza e Uiguri più o meno militanti»), ave- vano lasciato decine di morti e feriti sul suolo dello stesso Xinjiang. E proprio nel 2013. La memoria torna quindi alla rivolta di Urumqi del 5 luglio 2009: 197 morti e 1.721 feriti secondo fonti ufficiali. Va detto che finora si è sempre trattato di scontri a bassa componente militare; truculenti proprio perché più simili a uno scannatoio realizzato con coltelli, mannaie e spranghe, che ad attac- chi con ampio sostegno di armi da fuoco o esplosivi. Tuttavia, secondo il governo cinese, gli «incidenti» hanno senz’altro matrice separati- sta, sono preorganizzati e collegati alla Jihad globale. Pechino non for- nisce molte prove a sostegno di tali affermazioni, ma c’è consenso tra gli osservatori indipendenti nel rite- nere che alcune frange estreme dell’indipendentismo uiguro coope- rino con altri gruppi combattenti dell’Asia centrale, trovando spesso riparo nelle aree tribali del Pakistan nord-occidentale. Quello di piazza Tian’anmen è stato comunque un gesto eclatante, a metà tra l’autoimmolazione dei ti- betani e l’autobomba dei fonda- mentalisti islamici. A Pechino, un’a- mica han - l’etnia maggioritaria in Cina - dice: «Ho paura a passare per piazza Tian’anmen». Mentre su Weibo, il più importante social network cinese, circolano messaggi di questo tenore: «È la prima volta che capito così vicino a un attacco terroristico». Oppure: «Possono davvero fare questo in Tian’an- men? Mi sento improvvisamente angosciato, come si fa a prevenire questi attacchi in futuro? Ispezioni dei veicoli?». È proprio l’effetto panico voluto da eventuali «terroristi». Lati oscuri Restano però parecchi punti oscuri nella versione ufficiale che diversi media occidentali hanno da subito messo in dubbio, a differenza, va detto per inciso, di quanto fecero in occasione dell’attacco alle torri ge- melle di New York: spesso per noi è «terrorismo» solo ciò che avviene a Ovest degli Urali. Comunque sia, si tende a sostenere che, qualsiasi cosa sia accaduta in piazza Tian’an- men, le sue ragioni vadano ricer- cate nella dura repressione che Pe- chino compie da anni sugli Uiguri. E poi - si dice - possibile che una fa- migliola si faccia indisturbata le mi- gliaia di chilometri che separano lo Xinjiang da piazza Tian’anmen a bordo di una Jeep con targa della propria terra d’origine? C’è puzza di depistaggio o di strategia della ten- sione «secondo caratteristiche ci- nesi» (a che pro? Non si sa). Altri osservatori hanno invece rite- nuto plausibile l’atto terroristico «fai da te» compiuto da una fami- glia votata al martirio, citando «In- spire», il magazine online del jihadi- smo globale, che nel suo secondo numero mette a disposizione una semplice guida per trasformare un pick-up in un’arma micidiale (pag. 54): «La location ideale è un luogo dove ci sono il maggior numero di pedoni e il minor numero di veicoli. In realtà, potreste scegliere i cam- minamenti pedonali che esistono in alcuni centri città, il che sarebbe fa- voloso». Uno stile vezzoso per la # A destra : un’immagine di Kashgar. Sotto : un fotogramma dell’attentato del 28 ottobre 2013. A sinistra : la nuova ecocity in costruzione a Turpan, Xinjiang.

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