Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2014

CINA Testo e foto di GABRIELE BATTAGLIA 10 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2014 P ing’an Jiating , casa - o anche famiglia - sicura, pacifica. Chissà se anche quella di Usmen Hasan aveva affisso sulla propria porta l’adesivo rosso che i comitati di quartiere di Urumqi donano ai nuclei familiari che «si comportano bene». Pechino, 28 ottobre 2013 Quando il 28 ottobre una Jeep bianca è andata a schiantarsi sotto il ritratto di Mao Zedong in piazza Tiananmen, il mondo ha improvvi- samente scoperto lo Xinjiang: l’irre- quieto «Far West» della Cina. Due giorni dopo la folle corsa di quattrocento metri, che si era la- sciata dietro cinque morti (tra cui i presunti attentatori) e quaranta fe- riti, le autorità di Pechino hanno messo il sigillo ufficiale sulla «pista uigura», comunicando i nomi dei tre a bordo dell’auto: proprio lui, Usmen Hasan, con sua moglie Gulkiz Gini e l’anziana madre Kuwanhan Reyim, tutti inceneriti nel rogo della Jeep che - secondo la polizia della capitale - avevano riempito di taniche di benzina, col- telli, spranghe di ferro e una ban- diera «con slogan religiosi». La famiglia apparteneva all’etnia turcofona e musulmana dello Xinjiang, gli Uiguri. Discendenti da tribù nomadi provenienti dalle terre che oggi formano la Mongo- lia, sospinti a Sud-ovest dalla pres- sione di altri popoli delle steppe, loro stessi prodotto del melting pot asiatico, sono divenuti sedentari nel corso dei secoli insediandosi nel bacino del Tarim, l’enorme area al- l’estremo occidente del Celeste Im- pero che è oggi regione autonoma. Loro la chiamano «Turkestan orien- tale», per la Cina è, appunto, lo Xinjiang. Estranei alla cultura han - cioè dei cinesi maggioritari, per come li conosciamo noi - rivelano da tempo un malessere che viene spesso spiegato ricorrendo alle ca- tegorie dell’integralismo religioso o del conflitto etnico. Hanno nomi ui- guri anche le cinque persone (tre uomini e due donne) «collegate con LA QUESTIONE UIGURA Assieme al Tibet, lo Xinjiang rimane una spina nel fianco di Pechino. Come conferma anche il misterioso atten- tato avvenuto in piazza Tiananmen nell’ottobre 2013. Il governo sta investendo molto in terra uigura. Vuole conquistarne gli abitanti rendendoli partecipi del «sogno cinese» (oggi incentrato su qualità, tecnologia e istruzione). Ma forse questo sogno presenta un vizio di fondo: è calato dall’alto. Prendere o lasciare. «COSA VOGLIONO DI PIÙ? »

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