Missioni Consolata - Dicembre 2013

74 MC DICEMBRE 2013 Libertà Religiosa messa dalla legge quando si tratta di proteggere i diritti e le libertà altrui. In questo caso il diritto dell’avvocato napoletano era in conflitto con il diritto delle persone coinvolte nel processo al quale Sessa avrebbe dovuto prender parte a godere di una buona amministrazione della giustizia e a vedere rispettato il principio della durata ragione- vole del processo. Secondo i tre membri della corte che davano «ragione» all’avvocato, tuttavia, l’ingerenza non aveva risposto al criterio della proporzionalità, se- condo cui tra i vari mezzi che permettono di raggiungere lo scopo legittimo perseguito, le autorità devono scegliere quello che lede meno i diritti e le li- bertà. Si doveva infatti scegliere una soluzione che permettesse di conciliare sia i diritti di libertà religiosa dell’avvocato di Napoli sia quello di buona amministra- zione della giustizia delle parti in causa, ad esempio organizzando in modo diverso il calendario delle udienze. In quel caso, i di- sagi e i problemi provocati da tale scelta avrebbero rappresen- tato un modico prezzo da pagare per il rispetto della libertà di re- ligione in una società multicultu- aveva ritenuto che non valesse l’art. 9 perché le misure prese non erano motivate dalle idee religiose degli interessati ma da- gli obblighi contrattuali specifici che li legavano ai loro datori di lavoro. Anche nel caso dell’avvocato na- poletano secondo la Corte non si è verificata alcuna restrizione del suo diritto di esercitare libe- ramente il suo culto. Infatti l’in- teressato aveva potuto svolgere i propri doveri religiosi. Egli avrebbe dovuto invece soddisfare comunque i suoi doveri profes- sionali facendosi sostituire nel- l’udienza da un collega. 4 A 3: LA DELICATEZZA DELL’EQUILIBRIO La sostanza della sentenza della Corte va quindi contro Francesco Sessa: non è stato un caso di violazione del suo diritto di reli- gione. All’interno della Corte la deci- sione non è stata facile da pren- dere. Dei sette membri che la costituivano, tre hanno soste- nuto che si era verificata comun- que una ingerenza nei diritti del- l’interessato. In una società democratica la possibilità di ingerenza è am- rale. In più, secondo loro, non esisteva alcun motivo di urgenza, dato che non erano previste mi- sure che privassero qualcuno della libertà. Per questo, tre giu- dici su sette erano del parere che fosse stata violata la libertà religiosa di Francesco Sessa. Fatto sta che alla fine, nono- stante i tre pareri a favore del- l’avvocato di fede ebraica, la sen- tenza della Corte gli ha invece dato torto. Si può non essere d’accordo. Occorre tuttavia sot- tolineare l’importanza dei prin- cipi affermati dalla Corte nella sua sentenza. Il fatto stesso che essa abbia deciso a stretta mag- gioranza, dimostra quanto deli- cata sia la questione del rispetto del diritto alla libertà religiosa, sia nella sfera privata sia in quella collettiva e pubblica. Esso non è, come detto, un diritto as- soluto, e la sua limitazione - possibile esclusivamente per tu- telare i diritti altrui - va conside- rata con grande attenzione e prudenza. La libertà religiosa, come quella di pensiero e di co- scienza, è uno dei cardini fonda- mentali su cui si basa una so- cietà autenticamente laica e plu- ralista. Paolo Bertezzolo © wikimedia.org

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