Missioni Consolata - Dicembre 2013
DICEMBRE 2013 MC 7 Cari mission@ri paesi? Le statistiche par- lano di oltre quattro milio- ni. Tutti clandestini sche- dati dalla polizia? Lascio poi ai lettori il resto del suo intervento. La cicala ipocrita. Per quel che mi riguarda - mi per- metta questa autodifesa -, preciso che da quando ho finito gli studi nel 1976 e sono stato ordinato sacer- dote, lavoro una media di 8-12 ore al giorno - fine settimana incluso -, e non ho pesato sull’8x1000 e neppure sul sistema sani- tario nazionale fino ai 60 anni compiuti. Quando nel 2010, rientrato in Italia do- po 21 anni di servizio in Kenya, sono diventato vi- ceparroco (mentre i miei coetanei andavano in pen- sione), ho ricevuto il mio primo stipendio di 699,00 euro netti al mese, tasse pagate, che mi lucra un totale annuo di ca. 8200,00 euro, tredicesima com- presa, troppo per essere esente dal ticket sanitario. Quanto ai migranti, o po- tenziali tali, li ho aiutati quando ero a casa loro e continuo ad aiutarli da qui, perché ritengo che la cosa migliore sia metterli in condizione di vivere una vita dignitosa restando a casa propria. Come fanno tanti miei confratelli in A- frica, America Latina e A- sia, cui dò voce attraverso questa rivista, e come possono testimoniare le centinaia (non ho mai te- nuto il conto!) di ragazzi e ragazze che ho fatto, e continuo a fare studiare con l’aiuto di tanti amici. Essi - ragazzi e amici - sanno bene che sono più una formica e che una ci- cala, anzi più un «canale che una conca», per dirla col Beato Allamano, per- ché quello che «mendico» dagli amici e benefattori va tutto per aiutare chi è nel bisogno, creando non poche ansietà al mio am- ministratore con i miei conti perennemente in rosso. Che il Signore e i lettori mi perdonino questo mo- mento di vanità. • LA FORMICA ALLA CICALA Egregio direttore, ho appe- na letto la risposta che Lei si è permesso di dare al sig. Giorgio Rapanelli ( MC ott. 2013 ) e ne sono rima- sto profondamente indi- gnato. Il sig. Giorgio può sicuramente permettersi di parlare a nome degli i- taliani, quantomeno di quelli che pagano le tasse. Non so invece a chi si rife- risca Lei quando scrive che «siamo noi che conti- nuiamo a rubare». Spero che si riferisca a chi vive a scrocco degli altri e non a- gli italiani che lavorano e che si sono faticosamente guadagnati il loro benes- sere senza per questo do- versi sentire in colpa. Egregio direttore, sono un italiano che paga le tasse (quindi anche il suo 8 per mille), cattolico praticante e volontario in Africa (sempre a spese mie). Ho girato l’Africa in lungo e in largo quindi posso affer- mare con sicurezza che gli europei hanno dato all’A- frica molto più di quello che hanno preso, sia in termini di infrastrutture che in termini di aiuti u- manitari. Sono europei quei tanti suoi confratelli missionari e volontari laici che in Africa fanno solo ed unicamente del bene, spendendo la loro vita al servizio degli altri, anche a costo del martirio. Che poi ci siano anche le multina- zionali è un altro discorso, anche perché queste ulti- me non sfruttano solo l’A- frica ma chiunque e qua- lunque cosa. Smettiamola di dare sempre la colpa al- l’Occidente! Vede, credo in Dio e non nel denaro, ma l’esperienza mi ha inse- gnato che coloro i quali di- cono che il denaro non è importante solitamente non sono abituati a guada- gnarselo e tendono a vive- re sulle spalle degli altri e in questo, probabilmente, Lei non fa eccezione. Se ha voglia di contestar- mi, mi parli della sua di- chiarazione dei redditi e di quanti migranti lei ospita a casa sua e a spese sue. Il benessere che noi italiani ci siamo guadagnati (lei e- scluso) deriva dal lavoro, e chi lavora onestamente e faticosamente (senza tanti “pole pole”) non deve cer- tamente sentirsi in colpa del proprio benessere né responsabile di tragedie che sono imputabili unica- mente alla disperazione e a coloro che, sulla tratta delle persone, costruisco- no le loro fortune econo- miche. Anche nelle mis- sioni si chiudono a chiave le porte di casa, eppure Lei ci viene a dire che dovrem- mo fare entrare in Italia chiunque, senza alcun controllo, quando l’immi- grazione clandestina è considerata illecita in tutto il mondo, anche nei paesi africani dove addirittura sono previste pene molto più severe per chi entra nel paese illegalmente. Vede, egregio direttore, la solidarietà è un valore cri- stiano ma non la si può imporre, e gli ipocriti non sono i più adatti a inse- gnarla. Se Lei si sente in colpa per le tragedie dei migranti, vada ad aiutarli a casa loro o li accolga a ca- sa sua, ma lo faccia in si- lenzio e a spese sue, e non sempre a spese di Panta- lone. Solo così, sarà un buon cristiano e, se vorrà, potrà venirci a insegnare l’accoglienza con meno i- pocrisia. Smetta di fare la cicala e inizi a fare la for- mica, come tanti suoi con- fratelli che lei disonora con le sue parole offensive per tutti noi che la solida- rietà la facciamo in silen- zio, a spese nostre. Alessio Anceschi Sassuolo (MO), 14/10/2013 Caro Sig. Anceschi, quando scrivo che «siamo noi che continuiamo a ru- bare», non lo dico io, ma statistiche che sono pub- blicamente disponibili. Sistema «che ruba». Se- gnalo solo pochi dati. Il «nostro» mondo, troppo semplicisticamente defi- nito «l’Occidente», ha il 20% della popolazione e consuma l’80% delle ri- sorse mondiali. L’Italia consuma ogni anno quat- tro volte più della sua bio- capacità; fa meglio di altri paesi, ma è sempre sopra il livello di guardia. L’Euro- pa butta il 15% del cibo che produce; in Italia il 25% del cibo comperato finisce nella pattumiera. È vero che la maggior par- te degli italiani sono gran- di e onesti lavoratori (o candidati a esserlo, visto l’incredibile livello di di- soccupazione), ma è an- che vero che siamo dentro un sistema che non fun- ziona e si regge sulle spal- le di chi vive sotto la soglia della povertà grazie a un sofisticato sistema di rapi- na delle risorse di cui nes- suno sembra essere re- sponsabile. Le famose multinazionali che oggi sfruttano tutto e tutti, an- che noi (il mostro che mangia se stesso!), non sono un prodotto della fantasia dei poveri, ma il frutto più alto e perverso del sistema economico di cui noi viviamo. Rifugiati. I paesi africani ospitano molti più rifugiati di quanti noi non ne rice- viamo in dieci anni. Da noi non esiste una realtà co- me il campo profughi di Daabab in Kenya, con le sue centinaia di migliaia di disperati provenienti dalla Somalia. E quanti sono i rifugiati in Congo RD, in Ciad, in Sudafrica, in Ruanda, in Tanzania, tanto per nominare solo alcuni
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