Missioni Consolata - Novembre 2013
66 MC NOVEMBRE 2013 soprattutto nell’aria, ma anche in alcuni alimenti e nelle fonti d’ac- qua (per caduta al suolo, dato che sono molecole pesanti), quindi possono essere assimilati dal corpo attraverso la respirazione, la pelle o per ingestione. Molti Ipa sono associati a danni al midollo osseo, ad alterazioni ematiche, ad anomalie dello sviluppo fetale (ri- dotta crescita, alterata forma- zione del sangue fetale, ritardata ossificazione), ad alterazioni dello sperma, del sistema immunitario e a tumori, in primis leucemie. I bambini possono essere esposti agli Ipa già in utero, attraverso la placenta e dopo la nascita con il latte materno, con quello artifi- ciale e con gli alimenti per l’infan- zia. Va tenuto presente che latti artificiali e prodotti per l’infanzia possono arrivare a contenere Ipa in quantità 2-3 volte maggiore ri- spetto al latte materno, senza for- nire però analoga protezione. Molti Ipa si comportano come in- terferenti endocrini, cioè possono interferire con il sistema endo- crino e quindi con gli ormoni re- sponsabili dello sviluppo e di molte funzioni del corpo, come il comportamento, la fertilità e la regolazione del metabolismo cel- lulare. Possono causare altera- zioni dell’apparato riproduttivo, con mascolinizzazioni delle fem- mine e femminilizzazione dei ma- schi, alterazioni della pubertà, dei cicli mestruali e della fertilità. Inoltre possono alterare lo svi- luppo del cervello con conse- guenti problemi cognitivi, di ap- prendimento e difetti alla nascita. Gli Ipa sono responsabili di varie forme di cancro, soprattutto degli organi riproduttivi, ma non solo. Infine essi possono agire sulle cellule germinali, compromet- tendo la salute delle generazioni future. I pesticidi organoclorurati, tra cui il Ddt ed i loro metaboliti come l’esaclorobenzene sono stati tra i primi residui chimici tro- vati nel latte materno, dove si ac- cumulano con estrema facilità, grazie alla loro lipofilia e al loro lungo tempo di dimezzamento dovuto alla difficoltà di metaboliz- zarli e di eliminarli. Pur essendo stati banditi in tutto il mondo dalla Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti (Pops o Persistent organic pollu- tants ) del 2004, essi sono ancora presenti in esseri umani e ani- mali, sebbene in diminuzione ri- spetto al passato. Anch’essi pos- sono agire come interferenti en- docrini, sono cancerogeni e, in caso d’intossicazione acuta, pos- sono causare depressione respi- ratoria e del sistema nervoso, provocando la morte. La loro con- centrazione è superiore nel latte materno, rispetto ai latti artificiali e altri alimenti. U n discorso approfondito me- ritano diossine, furani e Pcb, per la loro estrema perico- losità oltre che per la loro grande lipofilia e facilità di reperimento nel latte materno. Le diossine sono un gruppo di 210 composti organici eterociclici, in cui sono sempre presenti carbo- nio, idrogeno, ossigeno e cloro. La sostanza più tossica conosciuta è la Tcdd o 2,3,7,8-tetraclorodi- benzo-p-diossina, detta «diossina di Seveso», in quanto liberata nel- l’aria dal reattore della multina- zionale svizzera la Roche nell’in- cidente del 6 maggio 1976. La nube tossica che si formò deter- minò danni acuti e cronici alle persone esposte. Recentemente sono stati pubblicati dati secondo cui i figli di madri coinvolte nella loro infanzia in questo incidente Madre Terra Italia: pochi dati (e preoccupanti) I n Italia non sono mai stati fatti studi sistematici sul latte materno, ma sono disponibili solo dati relativi a due donne re- sidenti presso l’inceneritore di Montale (Pt), a tre presso l’Ilva di Taranto e ad una presso l’a- rea della dismessa Caffaro, in- dustria produttrice di Pcb di Brescia*. Queste persone si sono sottoposte spontanea- mente alle indagini. Nei due casi di Montale i valori riscon- trati variavano tra 3,984-5,507 teq pg/g di grasso per diossine/furani e tra 9,485- 10,621 Teq pg/g di grasso per diossine/furani/Pcb. A Taranto sono stati trovati valori di Teq diossine/furani/Pcb di 31,37 pg, 26,18 pg e 29,40 pg/g di grasso. A Brescia nell’unico campione esaminato sono stati rilevati ben 147 pg/g di grasso. Poiché la componente grassa del latte materno è il 4%, la dose di queste molecole intro- dotta quotidianamente da un bimbo di 5 Kg, che assuma 800- 1000 ml di latte al giorno varia da 80-90 a 500-600 fino a 1000 pg di Teq al giorno, a seconda che abbiamo 3, 15 o 30 Teq pg/g di grasso. Nel caso di Brescia si arriva a 6000 pg! Ricordiamo che la dose giornaliera racco- mandata dall’Oms è di 140 pg per un uomo adulto di 70 Kg. * Dati della dottoressa Patrizia Gentilini, medico Isde («Associa- zione medici per l’ambiente», www.isde.it ). # Un’immagine del 1976: la Ichmesa della multinazionale Roche, a Seveso, produsse una nube di diossina, che provocò danni enormi.
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