Missioni Consolata - Novembre 2013

ZIMBABWE 60 MC NOVEMBRE 2013 Lo Zimbabwe dopo le elezioni di luglio ANCORA IL «GRANDE VECCHIO» R obert Mugabe è sempre il capo. Le elezioni ge- nerali del 31 luglio scorso l’hanno confermato presidente con il 61% dei voti, contro il 34% del rivale Morgan Tsvangirai. Mugabe, 89 anni, al potere dall’indipendenza (1980) ha così giurato il 22 agosto per il suo sesto mandato di cinque anni come presi- dente della Repubblica. Allo stesso tempo in parla- mento il suo partito, lo Zanu-Pf (Unione nazionale africana – Fronte patriottico), ha ottenuto oltre i due terzi dei seggi, mentre secondo è il Mdc (Movimento per il cambiamento democratico) di Tsvangirai. Que- sto vuol anche dire che la nuova Costituzione (del marzo di quest’anno) potrebbe essere facilmente mo- dificata. Nelle precedenti elezioni del 2008, Morgan Tsvangirai era in vantaggio, ma aveva dovuto cedere a pressioni e violenze nei confronti dei suoi, e accettare, grazie a una mediazione dei paesi africani, una «coabitazione» coatta: Mugabe presidente e lui primo ministro. Ora Mugabe può fare da solo e il 10 settembre ha creato il nuovo governo, rigorosamente monopartitico Zanu-Pf. Tutti i ministri sono dei suoi fedelissimi, al- cuni della vecchia guardia, già ministri dopo l’indipen- denza. L e ultime elezioni sono state vivamente criticate da Tsvangirai che le ha definite una «enorme farsa». Secondo il Mdc, infatti, migliaia di votanti delle città (più inclini a votare Tsvangirai) non hanno trovato il loro nome sulle liste elettorali, mentre altre «decine di migliaia» di elettori sarebbero stati «aiu- tati» a votare da partigiani di Mugabe presenti nei seggi. Anche gli osservatori indipendenti occidentali hanno accusato un elevato numero di brogli durante lo scrutinio. Non così gli osservatori dei paesi africani, per i quali il voto è stato sostanzialmente corretto. Il grande capo, fondatore della patria, ha favorito gli espropri violenti da metà anni ’90 a tutta la decade 2000. Migliaia di fattori bianchi (zimbabweani discen- denti dei coloni) sono stati cacciati a forza dalle loro proprietà, spesso senza alcun indennizzo dello stato. La terra è stata ridistribuita agli zimbabweani neri e il più delle volte presa con la forza. Se la redistribuzione delle risorse ha un forte fondamento di giustizia so- ciale, il modo con cui è stata fatta non ha per nulla ri- spettato i diritti di tutti. Inoltre: «Spesso hanno bene- ficiato delle terre espropriate le persone vicine al pre- sidente o al potere» ci confida una fonte che chiede l’anonimato. G li espropri hanno avuto anche l’effetto di por- tare il paese in una crisi economica mai vista. Da esportatore di cereali per tutta l’area in pas- sato lo Zimbabwe vive oggi una profonda crisi alimen- tare. Con il crollo dell’economia si è creata una situa- zione di iperinflazione e nel 2009 è stato consentito l’uso di valute straniere anche nella vita di ogni giorno (le più comuni sono il dollaro Usa e il rand sudafri- cano) con il progressivo abbandonato dell’uso del dol- laro zimbabweano. Anche il rispetto dei diritti umani non è dei migliori e in particolare la libertà di stampa e di espressione su- bisce grandi restrizioni, media privati chiusi a forza e operatori incarcerati. Con il nuovo governo Mugabe vuole procedere nella politica di «indigenizzazione», in particolare garan- tendo che la maggioranza del capitale delle filiali lo- cali di aziende e gruppi multinazionali, passi in mano di zimbabweani (neri). Per questo è stato creato un ministero ad hoc (ministero dell’Indigenizzazione) e sarà guidato da Francis Nhema, già ministro dell’Am- biente. Il paese resta di fatto diviso in due: pro e contro Mu- gabe, tra chi è legato alla concezione africana del capo «a vita» e chi invece anela un cambiamento. Marco Bello # Robert Mugabe, presidente della Repubblica dal 1980. Dall’indipendenza del 1980 al nuovo governo (settembre 2013), il paese continua ad avere un solo unico capo: Robert Mugabe. Odiato all’estero (dagli occidentali) e amato (in parte) in patria. Il padre padrone dello Zimbabwe ha spesso utilizzato concetti di giustizia per favorire il suo gruppo di potere. © AFP PHOTO /Alexander Joe

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=