Missioni Consolata - Novembre 2013
DAI LETTORI Cari mission@ri NOVEMBRE 2013 MC 5 vero rapporto di amicizia sostenendo così una quantità incredibile di a- dozioni a distanza, senza contare la corrisponden- za (tutta manoscritta) con i missionari e le tante persone che gli scriveva- no per chiedergli aiuto. Aiuto che estendeva an- che a chi veniva a cercare lavoro in Italia e doveva i- niziare a costruirsi una vi- ta. E tutto questo conti- nuò fino al 17 aprile 2003 (quattro giorni prima del- la sua morte) data dell’ul- timo invio di aiuti che lui diligentemente registra- va, sempre a mano, su di un quaderno protocollo. Ho voluto ricordarlo su questa rivista perché il suo lavoro è iniziato aiu- tando i Missionari della Consolata italiani ed ha continuato con i Missio- nari keniani e tanzaniani, quelli che lui ha sostenu- to negli studi per diventa- re sacerdoti. Liviana 27/06/2013 TALENTI SEPOLTI Riflettevo che la genera- zione dei missionari che si è appena ritirata è quella che ha assistito al- le vicende e ai drammi della decolonizzazione in Africa, dell’occupazione della Cia in America del Sud e dell’esplosione del- l’industria più redditizia del mondo, il narcotraffi- co. I missionari non vanno in giro a far politica, ma condividono le sofferenze della gente e ne com- prendono le ragioni sia apparenti che profonde: in questo senso i missio- nari fanno storia. E ne a- vrebbero tanta da raccon- tare. Per quel che ne so, a Torino c’è una buona scuola di storia orale, e non c’è molto tempo per raccogliere delle testimo- nianze che sarebbero preziose, molto di più del- le condizioni di vita dei contadini piemontesi di un tempo... E poi, è bene superare la divisione ri- sorgimentale tra cultura universitaria e cultura re- ligiosa di Torino. Claudio Bellavita Torino, 24/07/2013 Con questa rivista cer- chiamo di preservare la loro memoria storica, ma il nostro sforzo è una pic- cola goccia nel mare. Se qualcuno ha idee forse è bene che si dia da fare presto. Nel giro di vent’anni saranno ben pochi i missionari da po- ter intervistare. NINO MAUREL Carissimo Padre, desidererei tanto ricorda- re lo zio Nino (Maurel) nel decennale della sua mor- te. Sono una nipote che lo ha amato moltissimo condividendo con lui il suo amore e la sua pas- sione per l’Africa che ab- biamo conosciuto insie- me nel nostro primo viag- gio in Kenya nel lontano agosto 1979. Con Nino Maurel, lo zio Nino per me, ho avuto ve- ramente un rapporto «speciale», non solo af- fettivamente. Soprattutto l’amore per l’Africa ed i piccoli «moretti», come lui li chiamava, ci univa. Quest’anno ricorrono or- mai 10 anni dalla sua morte, il 21 aprile del 2003. Il suo impegno iniziò dopo il terribile incidente stra- dale che gli portò via Giorgio, il suo figlio unico, appena diciottenne, un fi- glio che nella sua breve vita aveva già avuto modo di impegnarsi a favore di chi aveva bisogno, dal- l’aiutare i ragazzi con il doposcuola, al trascorre- re le vacanze estive nei campi di lavoro con la raccolta e vendita della carta e l’invio del ricavato a chi ne aveva bisogno. Erano gli anni ‘70 e l’im- pegno sociale era d’obbli- go, ma per Giorgio era qualcosa di più. Così dopo la sua morte Nino, aiutato anche dalla moglie Mariangela, inve- ce di chiudersi nel suo dolore decise di dedicare la sua vita alla raccolta di fondi per aiutare chi ave- va necessità. Continuò con la raccolta della carta utilizzando il ricavato per inviare in Africa pacchi di abiti usati, medicinali e generi alimentari. Nel 1979 decise di andare a conoscere quei piccoli «moretti» che tanto ama- va e fece il primo viaggio in Kenya, al quale ne se- guirono tanti altri, non solo in Kenya ma anche in Tanzania, quasi uno al- l’anno per dare continuità al suo lavoro. Nino era in- faticabile, parlava alla ra- dio, organizzava mercati- ni nei quali vendeva gli oggetti artigianali che ac- quistava nei suoi viaggi, andava a trovare i bene- fattori con i quali aveva un
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