Missioni Consolata - Novembre 2013
inizi ed è ancora poco competitiva, in fatto di prezzi e di tecnologie, rispetto alle fonti tradizionali, ma la ri- cerca sta continuamente implementando nuove solu- zioni più redditizie. È comunque la stessa Enecan (quella tacciata di irre- sponsabilità dalla Keidanren) ad aver indicato che l’attuale costo per kWh dell’energia nucleare in Giap- pone è di 8,9 yen (0,068 centesimi di euro; in questo conteggio sono compresi i costi di gestione per il raf- forzamento della sicurezza), contro i 23-58 yen/kWh (0,176-0,441 Euro) delle energie rinnovabili, a se- conda del tipo di energia utilizzata e della potenza dell’impianto. STILI DI VITA INSOSTENIBILI «Se vogliamo dare un futuro ai nostri figli, dobbiamo deciderci ad abbandonare l’atomo» mi dice Iwasa Miko, accesa sostenitrice del movimento antinu- cleare che vive ad Hippo, nella prefettura di Miyagi. Il problema è che, per riuscire a raggiungere l’obiet- tivo proposto dalle associazioni ambientaliste, non basta aumentare decisamente la produzione di ener- gia «verde»; occorre convincere milioni di giapponesi a modificare radicalmente il loro stile di vita. Le case, ad esempio, sono un insulto al risparmio energetico: caldissime d’estate e gelide d’inverno, sono estremamente energivore. Solo in questi ultimi anni si è cominciato a costruire appartamenti se- condo criteri più consoni all’economia del risparmio. Gli stessi giapponesi hanno scoperto da poco che esi- ste, nel loro vocabolario, la parola setsuden , «rispar- mio di energia», ma ci vorrà del tempo per educare un’intera fetta di popolazione a rispettare anche le più elementari regole dell’avvedutezza. E se, nella prefettura di Tokyo, rispetto agli anni pre- cedenti, ho riscontrato un uso più oculato dell’aria condizionata nei luoghi pubblici, al di fuori delle cin- ture metropolitane si continuano ad utilizzare condi- zionatori a temperature inaccettabilmente basse. «È possibile che il Giappone passi a energie alterna- tive al nucleare, ma tutti dobbiamo impegnarci a rag- giungere questo traguardo» mi dice Sachiko Goto. Lei, assieme ad altri contadini, ha subito le conse- guenze del fallout radioattivo perdendo circa il 20% dei suoi clienti: «Tra gli agricoltori della nostra zona siamo stati fortunati. La maggior parte ha subito contrazioni anche del 40%. Noi ci siamo salvati gra- zie alla scelta di vendere direttamente ai privati, senza passare attraverso cooperative o grandi ca- tene alimentari». La prospettiva di Sachiko è stata profetica, così come profetica (purtroppo) è stata la sua campagna anti- nucleare, pressoché solitaria, iniziata all’indomani dell’incidente di Chernobyl. PROBLEMI E PAURE DI CHI È RIMASTO Oggi le aziende agricole, per dimostrare che i loro prodotti non contengono isotopi radioattivi, control- lano i raccolti con un contatore Geiger. «È un lavoro lungo e faticoso, oltreché costoso, ma, anche se nes- suna legge ci obbliga a farlo, preferiamo effettuare le analisi per una questione di sicurezza sociale» af- ferma Shigeki Oota, marito della già citata Iwasa Miko. Una ventina d’anni fa hanno lasciato Tokyo per trasferirsi tra le montagne di Hippo. Qui hanno ini- ziato a produrre miso, la salsa usata sulle tavole giapponesi per insaporire la verdura. A differenza degli agricoltori della prefettura di Fukushima, Shi- geki e Miko, che vivono nella contigua prefettura di Miyagi, non hanno diritto ad alcun rimborso per le perdite subite a causa del fallout . Le strette vallate e le coltivazioni che si arrampicano sulle pendici dei monti, rendono la vita particolarmente difficile e dura, ma la famiglia Oota, assieme ai loro quattro fi- NOVEMBRE 2013 MC 43 MC FUKUSHIMA
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