Missioni Consolata - Novembre 2013

di Gigi Anataloni EDITORIALE NOVEMBRE 2013 MC 3 Ai lettori PIANGERE E «SPOGLIARSI» S crivo mentre non si fa che parlare del terribile naufragio di Lampedusa, con i pochi superstiti rei di clandestinità. Una tragedia che ha provocato pietà e rabbia, compas- sione e sdegno e anche tanta retorica. Eppure presto sarà dimenticata nella logica della spettacolarizzazione mediatica. Chi ricorda ancora i 72 macellati nel Westgate di Nairobi? Chi non è assuefatto al ripetersi delle bombe sui civili in Iraq? O delle chiese bru- ciate in Nigeria? E degli scontri in Egitto? E in Siria? Chi fa caso a cosa succede in Somalia, o si preoccupa della situazione in Centrafrica o nel Nord-Est del Congo o in Libia? E quanti so- no gli scomparsi dei quali non si sa proprio niente, morti nel silenzio, nella clandestinità , nelle reti dei trafficanti di uomini, nella follia apocalittica dei fanatici mutati in terroristi in nome di Dio? E le vittime, gli schiavi e gli sfruttati del perverso sistema economico in cui vi- viamo: giovani senza lavoro, anziani abbandonati, esodati e licenziati, cassintegrati e senza casa, indebitati con banche e strozzini (che è quasi lo stesso)… chi li conta più? «Oggi sono qui con voi. Tanti di voi - ha detto il Papa ad Assisi il 4 ottobre scorso - sono stati spogliati da questo mondo selvaggio, che non dà lavoro, che non aiuta; a cui non importa se ci sono bambini che muoiono di fame nel mondo; non importa se tante famiglie non hanno da mangiare, non hanno la dignità di portare pane a casa; non importa che tan- ta gente debba fuggire dalla schiavitù, dalla fame e fuggire cercando la libertà. Con quan- to dolore, tante volte, vediamo che trovano la morte, come è successo ieri a Lampedusa: oggi è un giorno di pianto!». Piangere! Invece prevale la tentazione di fare la predica o di essere saccenti: «Biso- gna fare così, bisogna fare cosà…». Di fatto nessuno ha soluzioni in tasca. I problemi sono veramente complessi e ramificati e il Male (come l’ha chiamato Domenico Quirico uscito dall’inferno siriano) non solo penetra con i suoi tentacoli anche le istituzioni che dovreb- bero essere più integre e pure ma compromette anche la nostra capacità di ragionare in modo obiettivo, di cercare la verità. Provaiamo solo a pensare alla situazione dei cosiddet- ti «clandestini» che «vengono a invaderci», che «sono pieni di pretese», che «conoscono solo la parola “diritti” e non quella “doveri”», che «approfittano di noi», che «rubano il la- voro ai nostri figli»… Da vittime sono trasformati in carnefici. Eppure chi lucra sul traffico di uomini, fa documenti falsi, manipola le leggi, sottopaga in nero, intasca le bustarelle o collude con le mafie, non sono certo i disperati che sbarcano a Lampedusa ma insospetta- bili connazionali: funzionari, tutori dell’ordine, avvocati, industriali, coltivatori, costrutto- ri... In questo gioco perverso i poveri sono usati contro i poveri, mentre molti politici ca- valcano il malcontento per una manciata di voti. P iangere e cambiare il cuore. Piangere e spogliarci dai pregiudizi, dall’apatia, dal pen- sare in piccolo, dal demonizzare le vittime. Ad Assisi il Papa ci ha detto: «Queste cose le fa lo spirito del mondo». E ci ha invitato a «spogliarci», sull’esempio di San Fran- cesco. Perché «la mondanità spirituale uccide! Uccide l’anima! Uccide le persone! Uccide la Chiesa!». Occorre «spogliarci dello spirito del mondo, che è la lebbra, è il cancro della società! È il cancro della rivelazione di Dio! Lo spirito del mondo è il nemico di Gesù! Chiedo al Signore che, a tutti noi, dia questa grazia di spogliarci». Sì, piangere i morti di tutte le Lampeduse del mondo. Ma piangere per rinascere, spogliandoci della passività, dell’indifferenza, dell’assuefazione, della svendita della no- stra capacità critica e, soprattutto, dell’indurimento del cuore. Per non essere solo dei «brontoloni» inerti, ma «cristiani» cittadini d’Italia e del mondo: responsabili ed esigenti, critici e onesti, «samaritani» e «profeti». E ho finito per fare la predica! Scusatemi...

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