Missioni Consolata - Novembre 2013
NOVEMBRE 2013 MC 21 MC ARTICOLI IL PROGETTO SONKHANO (INCONTRO) PAROLA D’ORDINE: «PARTECIPAZIONE» Una missione senza grosse infrastrutture. Con materiali e tecnologia locali. Affinché non si crei distacco con la gente. E i parrocchiani la sentano «loro». Ecco come inizia la missione di Finguè. S e il nostro programma è riassumibile in due parole «presenza e formazione», la metodolo- gia per attuarlo è riducibile a una parola sola: «partecipazione» cioè condivisione e corresponsa- bilità sempre e in tutto. Questo esige pazienza e nello stesso tempo strutture semplici, a volte an- che provvisorie. Vorremmo che non si vedesse la nostra presenza come l’intervento di persone che fanno tutto perché hanno denaro, ma fratelli di fede che camminano con semplicità con loro. Quanto si sta facendo deve essere sentito come «cosa propria» dalla comunità locale, non dona- zione che viene da fuori. Tutto ciò sarà forse uto- pia, ma… lasciateci sognare! Per l’andamento dei corsi di formazione: ogni co- munità provvederà il cibo per le persone che in- vierà. Per l’arredamento (coperte e stuoie): ogni centro provvederà la quantità di cui si ha bisogno con il nostro appoggio. La mano d’opera in buona parte sarà soddisfatta dall’apporto locale. La gente parteciperà alle co- struzioni in tutto quello che potrà. I nostri inter- venti riguarderanno solo quello che, di fatto, con- cretamente la gente non è in grado di fare. A Finguè vorremmo per questo primo periodo mantenere la struttura attuale. In questo momento la gente è impegnata a preparare il materiale per la casa in mattoni dei missionari. La partecipazione dei parrocchiani continuerà a tutti i livelli, ma a un ritmo che rispetti le esigenze delle famiglie e della comunità stessa. Il volere subito una casa efficiente per i missionari ci sembra inop- portuno. Così non ci pare il momento di prospet- tare strutture grandi e definitive per la formazione degli animatori, ci pare che il rispettare la sempli- cità e l’accoglienza della tradizione locale sia la cosa migliore. Vorremmo dunque costruire due case di tipo tradi- zionale per gli animatori e animatrici a Finguè e Malowera. Si vogliono poi realizzare tre «alpendre» nei tre centri. Si tratta di una grande capanna circolare senza pareti con dei pali o colonne che sorreggono il tetto. Nella circonferenza interna si possono fare anche due o tre gradini per sedersi, è una specie di piccolo anfiteatro che può contenere fino a 80 e più persone. Sostituisce molto bene un saloncino con il vantaggio della frescura. A Unkanha si possono riabilitare gli edifici della vecchia missione per avere un com- plesso di costruzioni degne e confortevoli. Questo servirà sia per gli incontri di formazione degli animatori, sia per dare un’abitazione funzio- nale e tranquilla ai missionari che sistematica- mente per prolungati periodi vengono ad abitarci. In questa zona difatti si trova la maggior parte delle comunità della missione di Finguè. A Malowera fino all’anno scorso, oltre a un salone polivalente che serve ancora adesso da chiesa, non c’era niente altro. Le attuali strutture dove abitano i missionari sono molto precarie, sembrerebbe logico intervenire in- nanzitutto in questo settore, ma la scelta di stare con la gente e camminare con essa, comporta an- che questo. Si accetta tutto serenamente e con gioia. Si tenga presente del resto che questo pro- getto contempla per i missionari la sistemazione a Unkanha di una casa abbandonata. Crediamo inoltre che si rimanga perplessi nel pen- sare di intervenire in alcuni casi con materiale lo- cale e quindi in qualche modo provvisorio. Si vor- rebbero costruzioni stabili e definitive. Siamo del parere che, in questo momento e in questo luogo ciò sia sconveniente, sia perché la missione inizia solo adesso sia perché ci si trova in comunità che hanno atteso anni e anni l’arrivo dei missionari. Perdere altro tempo in attesa di strutture efficienti ci pare un venir meno al nostro dovere e un delu- dere l’attesa della gente. Il progetto presentato sembra alquanto dispersivo perché gli interventi che proponiamo si dirigono in tre centri distanti tra loro, riguardano però un set- tore di capitale importanza per la realtà di queste popolazioni, soprattutto per i cristiani per decenni abbandonati a se stessi. Senza la formazione degli animatori il nostro lavoro non può riprendere e an- dare avanti. Da troppi anni sono vissuti aggrappati solo alla fede e alla loro buona volontà, senza mo- menti formativi e senza l’aiuto di sussidi per la ca- techesi. Franco Gioda
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