Missioni Consolata - Novembre 2013
SULLE ISOLE DEL PACIFICO Almeno la metà degli arrivi degli ultimi anni riguarda cittadini af- ghani, che l’Australia tende a non accogliere per il presunto miglio- ramento delle condizioni nel loro paese e per gli accordi bilaterali, ma che Kabul non vuole indietro nel caso in cui non viene loro rico- nosciuto lo stato di rifugiato. Una situazione complessiva che rende difficile la partenza, impos- sibile il rientro. Per questo a cen- tinaia restano, a volte anche per anni, bloccati nei villaggi sulle co- ste malesi e indonesiane se una qualsiasi ragione impedisce loro di imbarcarsi verso la meta finale. Enorme il rischio anche per quanti si imbarcano per un viag- gio che troppo spesso finisce in un naufragio. Una situazione che l’accentuata clandestinità imposta dalle nuove norme rischia di peg- giorare dal prossimo gennaio. Al centro della politica ufficiale dal 2012, è stata inizialmente la trasformazione di alcune aree geografiche (le isole Christmas, Manus, Melville; gli arcipelaghi dello Cocos, Ashmore e Cartier e lo stato isolano di Nauru) in zone di raccolta offshore , dove acco- gliere gli immigrati, sovente in si- tuazioni drammatiche. In questo contesto rientra l’avvio della chiu- sura di Christmas Island, ma an- che la riapertura del centro di se- lezione extra-territoriale di Nauru, che organizzazioni inter- nazionali hanno definito «un in- ferno»e il tentativo (bocciato dal- l’Alta Corte) di negare visti a per- sone riconosciute come rifugiati se ritenuto utile alla sicurezza na- zionale. Gli sviluppi politici suc- cessivi e la devastazione del cen- tro di Nauru (il 19 luglio 2013) hanno lasciato aperte - in pro- spettiva - soltanto le porte unidi- rezionali di Manus Island. Stefano Vecchia NOVEMBRE 2013 MC 17 MC ARTICOLI I campi di detenzione nelle isole di Christmas, Manus, Nauru ... QUANDO ANCHE LAMPEDUSA SEMBRA IL PARADISO P oco più di 3.500 boat-people sono detenuti nel territorio austra- liano di Christmas Island nell’Oceano Indiano e altri 720 in campi costruiti dall'Australia nell'Isola di Manus in Papua Nuova Guinea e nel minuscolo stato isolano di Nauru. Altri 6.250 sono in detenzione in Australia con visti temporanei in attesa di una ricollocazione. Christmas Island è il lembo di territorio australiano più vicino al conti- nente asiatico a poche ore di traversata dalla costa di Java meridionale. Per sette anni, i 1.400 abitanti dell'isola hanno dovuto subire una convi- venza loro imposta e un'attenzione mediatica non richiesta, con conse- guenze pesanti, con un alto numero di casi di depressone, servizi già pre- cari condivisi in parte con un numero di reclusi arrivato a superare fino a quattro volte gli 800 previsti, pressati tra solidarietà e insofferenza, a loro volta discriminati in un ruolo di secondini che non si sono scelti. Dif- ficili, come immaginabile, anche le condizioni degli «ospiti» del campo che funge da centro di prima accoglienza, selezione e detenzione per un'immensa area oceanica (una situazione condivisa per pochi mesi con Nauru). Diversa ma non certo migliore a situazione di Manus Island, lontana al largo della costa settentrionale della Papua-Nuova Guinea. Il suo isola- mento, clima e scarsità di risorse ne spiegano il sotto-popolamento (40 mila abitanti) nonostante le dimensioni (2100 chilometri quadrati). Qui gli australiani celebrarono dal 1950 al 1951 i processi contro i criminali di guerra giapponesi arrestati in Australasia, gli ultimi ad accertare la col- pevolezza di gerarchi e funzionari dell'armata imperiale nel conflitto del Pacifico. Qui hanno investito molti milioni di dollari per aprire una strut- tura relativamente attiva dal 2001 al 2004 come centro offshore di sele- zione per i rifugiati ma che dallo scorso anno è tornato al centro della po- litica di contenimento dell'immigrazione irregolare del governo austra- liano. Stefano Vecchia
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