Missioni Consolata - Ottobre 2013
ma di circoscrivere il «migliora- mento» alla sfera della tecnolo- gia, del cosmopolitismo e della diffusione delle idee. Reazioni Di fronte a queste posizioni dei tre studiosi, numerosi esponenti del mondo accademico e le asso- ciazioni di difesa dei diritti delle popolazioni indigene, Survival (www.survival.it ) in testa, sono letteralmente insorti. Gli inter- venti sono stati davvero tanti e una buona panoramica è disponi- bile su anthropologyreport.com , sito che riunisce i contributi pro- venienti da blog, riviste e libri di antropologia. In poche parole, le principali critiche riguardano la riproposizione da parte dei tre autori del mito del «cattivo sel- vaggio», l’utilizzo di una variabile come la violenza, estremamente difficile da misurare e compa- rare, per definire la «ferocia» dei popoli e, nel caso di Pinker e Dia- mond, una trattazione non rigo- rosa dei dati statistici sulla vio- lenza e la guerra. L’antropologo Greg Laden, in un articolo apparso sulla rivista The Slate lo scorso maggio, afferma sera condizione alla quale la vio- lenza li condanna; tanto che, af- ferma l’autore, quando i governi coloniali intervengono con la forza a metter fine alle guerre tribali, i membri della tribù rico- noscono che c’è un migliora- mento della qualità di vita che da soli non sarebbero mai stati ca- paci di ottenere, poiché senza l’intervento di un governo non sa- rebbe stato possibile mettere fine alla spirale di vedette che le guerre tribali innescano. Infine, in Declino della violenza (2011), lo psicologo evoluzionista Steven Pinker sostiene tesi molto simili a quelle di Diamond e si spinge ad affermare che quella che stiamo vivendo è l’e- poca più pacifica della storia, un’argomentazione che ha di- versi punti in comune con il libro di Francis Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo (1992), sebbene Pinker stesso abbia affermato di non spingersi fino a parlare di fine della storia che non è mai stato così facile come nelle società occidentali rovinare o distruggere senza al- cuno sforzo vite umane, e la guerra è diventata mortale come non lo era mai stata prima. Al di là della diatriba accade- mica, le affermazioni dei tre stu- diosi hanno conseguenze imme- diate di natura politica. Le asso- ciazioni come Survival ribadi- scono che le tesi di Chagnon, Pinker e Diamond hanno effetti potenzialmente devastanti sulle società indigene: l’argomenta- zione del «cattivo selvaggio» che i tre accademici riportano alla ri- balta, infatti, è proprio una delle leve su cui hanno fatto forza molti governi per giustificare - in diverse epoche, compresa la no- stra - l’uso della forza contro in- teri popoli. Infine, i rappresentanti delle co- munità indigene stesse hanno detto la loro contro le tre opere. Secondo Davi Kopenawa, storico leader yanomami ( vedi anche a pag. 21 di questo stesso numero, ndr ), non è certo la violenza in- terna alle comunità a provocare vittime fra la sua gente: «I nostri veri nemici», ha dichiarato, «sono i cercatori d’oro, gli alleva- tori e tutti coloro che vogliono impadronirsi della nostra terra». Ancora, a detta di Benny Wenda, leader del popolo Dani della Pa- pua occidentale: «L’Indonesia ha occupato illegalmente il nostro paese nel 1963, ed è allora che sono davvero iniziati i massacri, in tutta la Papua Occidentale. Il governo indonesiano non ci ha Cooperando…
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