Missioni Consolata - Ottobre 2013

CENTRAFRICA 30 MC OTTOBRE 2013 La parola a monsignor Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui «SERVE IL CONSENSO, NO AL POTERE CHE ESCLUDE» M onsignor Dieudonné Nzapalainga , arcive- scovo di Bangui è un religioso spiritano. Gio- vane (46 anni), centrafricano e molto attivo, è stato ordinato vescovo nel luglio 2012. È attualmente presidente della Conferenza episcopale centrafricana e presidente della Caritas nazionale. Lo abbiamo con- tattato telefonicamente. Monsignor Dieudonné, ci parli della crisi umani- taria nel paese e nella sua diocesi in particolare. La crisi umanitaria è anche dovuta al fatto che con la guerra molte Ong hanno lasciato il paese. Inoltre la gente ha abbandonato le città e si è nascosta nella fo- resta, dove si nutre di radici, per paura dei ribelli della Seleka. Con le piogge è grave anche la situazione sani- taria, perché la malaria si sta diffondendo. Non è stato creato un corridoio umanitario necessario alle poche Ong rimaste a soccorrere la popolazione. Sulle strade ci sono sempre dei militari della Seleka che conti- nuano a impedire ai mezzi non governativi di circo- lare, con posti di blocco nei quali vengono chiesti dei soldi. Anche le nostre macchine della Caritas vengono bloccate. C’è il problema sanitario e quello educativo: a Damara (città a 80 km da Bangui, ndr ) da mesi è chiusa la scuola. L’ospedale è stato saccheggiato, non ci sono più medicine. Ho parlato con un medico che non può lavorare. Chi ha bisogno di cure deve andare a Ban- gui. Ma il paese è tutto in questa situazione. Anche l’agricoltura è bloccata. La crisi politica è ini- ziata a marzo, quando la gente doveva seminare. La pioggia è arrivata, gli uomini non potevano andare nei campi perché rischiavano di essere catturati o uccisi. Senza raccolto la fame arriverà nei prossimi mesi. Le sementi distribuite da organismi come Caritas e Fao sono state consumate perché non c’era nulla da man- giare. A livello della sicurezza c’è unmiglioramento? La sicurezza è migliorata a Bangui, dove è gestita dalla forza multinazionale Fomac. Ma le armi sono dappertutto e alcuni quartieri, come Kina e Km5, sono delle vere polveriere. Quando si tenterà di disar- marli ci potrà essere un effetto bomba. Sono questi i sobborghi dove sono stati reclutati i li- velli bassi della Seleka. Gente che vendeva bibite per la strada e da un giorno all’altro si è trovata con un’u- niforme e un fucile mitragliatore in mano, a scorraz- zare sui pick up. E senza alcuna formazione. Hanno iniziato così a chiedere soldi. Sarà difficile smobilitare queste persone. Diventano dei banditi. In provincia invece, sono i giovani e i ragazzi delle città a essere reclutati dai ribelli, complice il fatto che le scuole sono chiuse. Qui chiedono 50 franchi (7 cent, ndr ) a ogni ciclista che passa, o alla gente che torna dal campo con il proprio materiale. C’è un racket quo- tidiano e capillare, ogni qualvolta ci si sposta, si va al lavoro. Perché la Seleka non paga questi giovani che si rifanno sulla popolazione. Nella Seleka qual è la componente religiosa o etnica? Esiste una componente religiosa. La gente che ha preso il potere sta utilizzando mercenari che vengono dal Ciad e dal Sudan. Lo abbiamo scritto nella lettera dei vescovi. Li abbiamo incontrati all’interno del paese e a Bangui. Non parlano né il sango né il fran- cese, piuttosto inglese e arabo. Poi i tre quarti della Seleka sono giovani musulmani delle regioni del Nord Est. Abbiamo denunciato che l’ex presidente Bozize arruolava solo la gente della sua zona, ora sta succe- dendo lo stesso. Al potere non sono rappresentati tutti i gruppi e i popoli della Rca. Inoltre dicono di es- sere composti al 90% da musulmani e il restante 10% da cristiani. Non c’è dogana, polizia né gendarmeria. Sono i mili- tari della Seleka che fanno tutto. Lo stato non esiste. Solo a Bangui c’è una parvenza grazie alla Fomac. All’interno del paese non ci sono più funzionari dello stato, né autorità statali (ufficiali), tutti sono fuggiti in capitale perché venivano perseguitati dalla Seleka con l’accusa di essere agenti dell’ex presidente. Lei è stato recentemente a Roma. Perché a li- vello internazionale si parla così poco della Rca? All’inizio della crisi se ne è parlato, ma poi è caduto il silenzio. Come vescovi abbiamo scritto una lettera al presidente (di transizione) 1 . Il 25 giugno ero a Parigi in una conferenza stampa affollata. Ho detto che la Re- La Chiesa cattolica centrafricana è nel mirino della ribellione. Ma insieme a protestanti e musulmani ha subito creato una piattaforma di dialogo interreligioso. Per scoprire che le tre confessioni sono sulla stessa lunghezza d’onda. E allora chi vuole questa guerra?

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