Missioni Consolata - Ottobre 2013

C ari amici della Siria, si è molto insistito sul fatto che avrei profittato per i miei comodi della situazione si- riana, del regime siriano, e che ora darei prova di poca gratitudine tradendo innanzitutto i cristiani siriani, mi limiterò ad una serie di considerazioni in ordine crono- logico per render conto dell’evoluzione della mia posizione. 1973 Ho visitato la Siria degli Assad una prima volta nel 1973, appena prima della Guerra di ottobre (il con- flitto tra Israele e la coalizione composta da Siria ed Egitto, ndr ). Ne riportai l’impressione di un popolo sottomesso ad una mac- china di propaganda nazionalista possente mobilitata al mas- simo in senso anti israeliano. I paesi arabi subivano l’occupa- zione di vasti territori da parte di Israele, c’era la Guerra fredda. Per tanti motivi ero solidale, come lo sono oggi, con le sofferenze del popolo palestinese e degli arabi in generale. Ma quell’attitu- dine di manipolazione totalitaria dell’informazione già mi ripu- gnava. Sapevo che si trattava di una dittatura e non nutrivo illu- sioni sul rispetto dei diritti dell’uomo in quel paese. 1978 Ero a Beirut durante il terribile assedio dei quar- tieri cristiani di Achrafiye da parte dell’esercito si- riano (la guerra civile libanese era scoppiata nel 1975 e la Siria ne prese subito parte, ndr ). Il regime siriano si è comportato da pa- drone senza scrupoli sfruttando il Libano in tutti i modi e na- scondendosi dietro una serie di maschere ideologiche venute poi meno, le une dopo le altre, di fronte all’eroica resistenza del po- polo libanese democratico. 1980/’81 Ero a Damasco per lo studio dell’arabo, delle Chiese orientali e dell’Islam. Venni in contatto e a conoscenza dei metodi di sistematica tortura re- pressiva utilizzati dal regime. Se volevo restare nel paese dovevo assoggettarmi come tutti. Ma non ero obbligato ad assogget- tarmi in coscienza. Moltissimi cristiani già lasciavano allora il paese visto il perdurare della situazione di incertezza nella so- cietà locale e nella regione. Alcuni erano pro regime, altri contro, ma tutti cercavano di partire per il futuro dei loro figli. Bisogna ricordare che allora la solidarietà del regime con il mondo sovie- tico era evidente, anche riguardo alle libertà democratiche criti- cate come borghesi e asservite alle logiche neo imperialiste. Io cercai sempre di avere buoni rapporti con lo stato - anche se sot- tomesso al regime dittatoriale - in quanto proprietà dei cittadini. Ero per la legittima lotta di liberazione contro l’occupante israe- liano, ma evitavo sistematicamente di cedere ai toni della propa- ganda di regime. 1982 In quell’anno ero studente di teologia a Roma quando avvenne il terribile massacro della po- polazione civile di Hama (città della Siria centrale a grande maggioranza sunnita, ndr ) durante l’insurrezione dei Fratelli musulmani. Ne soffrii tanto da ammalarmi. Non se ne poteva parlare pubblicamente altrimenti mi scordavo la possibilità di rientrare in Siria dove mi sentivo chiamato a servire l’ar- monia islamo-cristiana. Tuttavia ero perfettamente co- sciente che un continuo, silenzioso massacro avveniva nelle carceri, nei lagher, nei gulag siriani. Ne avevo ricevuto in di- verse occasioni delle testimonianze dirette e sapevo che molti cristiani, anche tra le autorità ecclesiastiche, si erano abituati a questo stato di cose come naturale e necessario rendendosene a volte direttamente complici. Questo mi ad- dolorava profondamente e vi vedevo un rischio pesantissimo per il futuro della Chiesa in Siria. La stessa cosa avveniva d’altronde in Iraq e in Egitto. In questo spirito, con questi sentimenti contrastanti, eppure con molta speranza ed entusiasmo, ho vissuto nella Siria de- gli Assad per più di trent’anni. A causa dell’ampio impatto in- ternazionale del mio impegno di restauro, di accoglienza e di dialogo al Monastero di Mar Musa, godetti indubbiamente di uno spazio di parola e di una libertà di opinione incompara- bilmente più largo dei normali cittadini, obbligati a portare fin dalla più tenera infanzia il cervello all’ammasso della ma- nipolazione di regime. Fui presto oggetto di critiche aspre e di accuse ingiuste proprio perché la mia libertà di parola sembrava impossibile ai più, anche se era sempre limitatis- sima e molto auto controllata se paragonata alla situazione, per esempio, europea. Era un gioco in fondo leale: io offrivo un volto che illustrava internazionalmente l’apertura e il plu- ralismo almeno programmatico del potere siriano e loro ac- cettavano ch’io mi comportassi come se la democrazia, sep- pur non perfetta, fosse già almeno in fieri . Ho lavorato continuativamente nella prospettiva del suc- cesso dei negoziati di pace nella visione di un Medio Oriente riconciliato nella giustizia. Ho sempre dichiarato che l’islami- smo politico è una grande realtà regionale e che non è imma- ginabile che si debba rinunciare alla democrazia, ai diritti ci- vili e all’autodeterminazione dei popoli per continuare a sop- primere il programma islamista, sia esso salafita o dei Fra- telli musulmani o di gruppi più o meno moderati. Si tratta di un soggetto politico plurale non aggirabile ma tuttavia espo- sto ad evoluzione, spesso rapida. Per questo ho sempre cu- rato la relazione coi leader naturali, scelti e seguiti dalla piazza e dal popolo delle moschee dei musulmani siriani, ri- fiutandomi di appiattirmi sulle autorità approvate e nomi- nate dal regime. 1991 In quell’anno la Siria partecipò alla coalizione contro l’Iraq di Saddam che aveva invaso il Kuwait. Trovai giusto in quell’occasione che si salvassero i curdi dall’attacco di Saddam e proteggendoli con una no fly zone . Rimasi poi scandalizzato profondamente quando gli sciiti iracheni furono cinicamente abbandonati alla repres- sione del dittatore di Baghdad, e così pure i libanesi abbando- nati allo strapotere siriano. È evidente che la guerra è raramente una soluzione e comun- In Siria i cristiani sono divisi in due schieramenti: quelli che difendono il presidente Assad e quelli che stanno con i ribelli. In questa lunghissima lettera pubblica - da noi ampiamente stralciata e riassunta - padre Dall’Oglio spiega le sue posizioni sul Medio Oriente e perché si è schierato con i ribelli anti-Assad. Considerazioni poi sviluppate in «Collera e luce», il suo ultimo lavoro, dove tra l’altro scrive: «La mia coscienza cristiana è chiaramente lacerata». Il Medio Oriente e la Siria secondo padre Paolo Dall’Oglio «PERCHÉ SONO CONTRO ASSAD» SIRIA © Jodi Hilton / rin

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