Missioni Consolata - Ottobre 2013
E ro da poco entrato in semi- nario, a Bevera: un bim- betto sprovveduto, 12 anni, arrivato dalla campagna e con la voglia di diventare missionario. Fu lì, sotto il porticato, che lo in- contrai per la prima volta e fu per me un piccolo shock : un prete alto, giovane, con rari ca- pelli, una grossa valigia in mano ma, soprattutto… in clergyman ! Il primo pensiero che mi frullò in testa fu: «Un protestante tra noi!». Non ero ancora abituato a vedere gente in quella tenuta e quell’incontro mi scombussolò non poco. Salutai timidamente e venni poi a sapere che quel «prete protestante» sarebbe stato il nostro futuro professore di lettere: padre Benedetto Bel- lesi, appunto! E il suo abbiglia- mento era dovuto al fatto che rientrava da un breve soggiorno in Inghilterra dove, da tempo, le sottane dei preti non erano più di moda. Lo apprezzavamo molto, perché ci sapeva davvero fare. Riusciva a trasmetterci la sua vasta cul- tura con brio ed eleganza. Ri- vedo ancora nei temi d’italiano, in margine a qualche mia frase particolarmente… brillante, la sua benevola e ironica annota- zione: «Ma è farina del tuo sacco?». Poi non ci incontrammo più mentre proseguiva il mio viaggio verso il sacerdozio e la missione. Me lo ritrovai, inaspet- tatamente, a Wamba (nell’allora Zaire), dove da qualche anno stavo assaporando la prima esperienza africana: l’insepara- bile macchina fotografica, il bloc-notes per gli appunti e la sua cordiale curiosità nell’inse- guirci nei vari posti, con do- mande e osservazioni. Era già entrato nella redazione di «Mis- sioni Consolata» e seppi che, ogni anno, programmava un viaggio nei vari paesi per docu- mentarsi sul campo. Frutto di questi giri per il mondo, i suoi «pezzi» coloriti e godibili alla lettura. Gennaio 1990: il sole pallido di Torino non riusciva proprio a ral- legrarmi il cuore, mentre pen- ticolarmente dure e con toni ac- cusatori, a volte insultanti. Padre Bellesi non perse mai la testa, non scelse mai la strada facile di dare ragione a tutti per non scontentare alcuno. Nelle Let- tere dava spazio a tutti, rispon- dendo in maniera meditata ma senza accondiscendenza, anche a rischio di perdere un abbonato (la minaccia di gran lunga più diffusa). Poi, quando arrivavano lettere elogiative, le pubblicava con soddisfazione ma senza en- fasi, anzi quasi con pudore: «La vostra rivista entra mensilmente in casa mia e mi rinfranca nello squallore giornalistico che ci cir- conda. Davanti all’aggressione cui siete sottoposti, vi domando di resistere forti delle vostre idee». Sì, furono tempi duri ma anche densi di soddisfazioni, come te- stimonia il grande successo dei numeri monografici (alcuni dei quali - tra cui La guerra, le guerre e Il prezzo del mercato - divennero altrettanti libri editi dalla Emi). Padre Bellesi aveva le sue let- ture (laiche) preferite. Ogni ve- nerdì, all’arrivo della posta, l’E- spresso doveva andare diretta- mente sulla sua scrivania. Lo leggeva per intero e poi lo ripo- neva nella sala delle riviste. Ri- cordo questo per dire che era molto aperto, certamente anche in campo politico. Ecco, questo era padre Bellesi: una persona all’apparenza bur- bera ma, sotto la scorza, buona; ferma nelle sue idee, ma acco- gliente e comprensiva. Un «orso gentile» che mi mancherà. Paolo Moiola savo con nostalgia a quello caldo e luminoso dell’Africa che, poco più di un mese prima, avevo la- sciato. Ero stato destinato a lavo- rare per le nostre riviste e fu pro- prio in redazione che ritrovai pa- dre Benedetto, assieme al diret- tore, padre Francesco Bernardi. Con un’esplosione di gioia (forse perché mi aspettavano da tempo) accolsero il novellino che arri- vava fresco fresco per mettersi alla loro scuola. Ricordo che si cominciava allora a usare i primi computer (enormi, ingombranti) e fu pro- prio padre Benedetto ad accom- pagnare i passi incerti di chi, fino ad allora, aveva vissuto in fore- sta, senza telefoni, né corrente elettrica, né giornali; se ne inten- deva un po’ più di noi tutti e fu grazie a lui che l’informatica tra- sformò rapidamente il nostro si- stema di lavoro, rendendo le rivi- ste più attraenti e moderne. Gli anni scivolavano veloci, nu- merosi; ero felice di trovarmi in compagnia di Francesco e Bene- detto: progetti, nuove idee, ricer- che, viaggi, preoccupazioni per i costi sempre in crescita, incontri di redazione… Ognuno di noi con il suo stile, le sue «specialità». Lui, padre Benedetto, aveva so- prattutto la passione della storia, le biografie dei grandi missio- nari, i reportages dai vari paesi, le interviste… il tutto sempre cu- rato con eleganza e precisione. I suoi articoli erano sempre ap- prezzati, letti con gusto e anche ricercati, come i famosi «Numeri speciali», che il suo contributo rendeva davvero preziosi. Lasciai gli amici della redazione nel 2005 per l’amato Congo. Avevo rivisto padre Benedetto poco più di un anno fa. Era già segnato dal male, ma sempre tenacemente attaccato alla sua rivista, al suo lavoro, alle sue ri- cerche. Mi aveva fatto dono di un po’ di materiale biblico, pazien- temente raccolto negli anni e che conservava, con ordine, nel computer. Un gesto che mi rivelò ancora di più come lui non fosse soltanto un brillante giornalista, ma an- OTTOBRE 2013 MC 13 MC ARTICOLI I L PRE TE I N CLERGYMAN di Giacomo Mazzotti
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