Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2013

primo ministro con il braccio proteso in avanti come ad indi- care la via verso un più roseo fu- turo a un gruppo di bambini sor- ridenti. Sull’immagine campeg- giava la scritta «Un leader afri- cano impegnato per la democra- zia, pace e lo sviluppo» (v edi foto qui sopra ). Ma, al di là dei simboli e delle generalizzazioni, l’Etiopia occupa davvero una posizione partico- lare nel panorama del conti- nente: sede dell’Unione Africana e della Commissione Economica per l’Africa delle Nazioni Unite, il paese è letteralmente inondato di programmi (e fondi) delle agenzie internazionali. Secondo i dati Ocse, l’Etiopia è il paese afri- cano che riceve più aiuti pubblici allo sviluppo dopo la Repubblica Democratica del Congo, con un totale nel 2011 pari a oltre tre miliardi e mezzo di dollari. E, se gli Stati Uniti «corteggiano» l’E- tiopia – che Washington ritiene cruciale dal punto di vista geopo- litico e strategico – a suon di aiuti allo sviluppo, la Cina dal canto suo controbatte con la strategia che sta applicando in tutto il con- tinente, quella degli investimenti massicci. Solo per citare il più recente, il Financial Times ri- porta che Huajian - un’azienda cinese che produce scarpe da donna per brands come Tommy Hilfiger, Guess, Naturalizer, Clarks e che ha già una fabbrica vicino a Addis Abeba dove lavo- rano seicento persone - si è ora impegnata a investire insieme alla China Development Bank due miliardi di dollari nei pros- simi dieci anni per creare una zona di produzione in Etiopia che stesso: la presenza nel paese è vincolata alla realizzazione di progetti di carattere sociale e cioè nell’ambito dell’istruzione, della sanità, della formazione. Uno sguardo sull’Etiopia di oggi Per accorgersi che l’Etiopia è un paese peculiare che mal si adatta a essere sommariamente etichettato come africano non occorre essere antropologi o sto- rici: basta ascoltare gli etiopi. Il loro senso di unicità, la distanza culturale, religiosa e storica che li separa dagli altri popoli che con essi condividono il conti- nente sono, a loro dire, evidenti. «Pochi altri popoli possono van- tare radici così antiche», spie- gava a chi scrive un adolescente incontrato durante una visita in Etiopia nel 2009, «e probabil- mente anche il fatto di non es- sere mai stati colonizzati ci rende diversi dagli altri». Che la presenza dello stato sia più capillare e la resistenza al- l’occidentalizzazione sia più de- cisa risulta chiaro anche a un primo sguardo alle vie di Addis Abeba: i grandi centri commer- ciali e gli enormi cartelloni che pubblicizzano bibite o capi d’ab- bigliamento sportivo così fre- quenti in molte metropoli afri- cane sono completamente as- senti nella capitale etiope. Al loro posto ci sono piuttosto piccoli su- permercati che vendono preva- lentemente prodotti locali o di importazione cinese e poster ce- lebrativi dell’autorità, come quello che negli anni del governo di Meles Zenawi (morto esatta- mente un anno fa) ritraeva il dovrebbe arrivare a impiegare circa centomila persone. Con tassi di crescita a volte an- che a due cifre, l’Etiopia si trova oggi sospesa fra la povertà og- gettiva dei suoi ottanta milioni di abitanti e una politica ambiziosa per il futuro. Il più recente e cla- moroso episodio che testimonia questa ambizione è il progetto di costruzione della «grande diga della Rinascita» sul Nilo Azzurro, iniziativa che ha scatenato le ire dell’Egitto – dove la maggior parte della popolazione vive nella striscia di terra bagnata dal fiume – al punto da spingere il presidente Mohamed Morsi a di- chiarare che gli egiziani «difen- deranno con il sangue ogni goc- cia del Nilo». Le dichiarazioni di Morsi sono state subito ridimen- sionate, ma la tensione resta palpabile. L’Etiopia, che ha affi- dato all’italiana Salini la realizza- zione dell’opera monumentale, ha scommesso il tutto per tutto su questa diga. Di fronte al rifiuto da parte delle agenzie interna- zionali di finanziare il progetto in mancanza dell’assenso dei paesi rivieraschi, l’Etiopia ha deciso di realizzarne autonomamente la costruzione, che costerà circa cinque miliardi di dollari, esor- tando la popolazione ad acqui- stare obbligazioni. I tempi della clandestinità di pa- dre Barlassina sono ormai lon- tani; ma, oggi come allora, la vo- glia di affermazione e di rivalsa del paese hanno certamente un ruolo non secondario nel fare dell’Etiopia un luogo dove oc- corre sempre chiedere per- messo. Chiara Giovetti AGOSTO-SETTEMBRE 2013 MC 75 MC RUBRICHE © Maria Scurrell

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