Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2013
b) Il mondo come genere umano considerato nel suo complesso, senza alcuna qualificazione. c) Il mondo dell’incredulità o delle tenebre: coloro che combattono Dio e lo negano «a prescindere». d) Il mondo della fede o della luce: coloro che avendo visto la «Gloria di Dio» nel Figlio, lo ren- dono ancora più visibile nella loro vita e nel loro operato. I primi due significati sono abbastanza neutri, mentre gli ultimi due acquistano una valenza morale e teolo- gica alternative, anzi contrapposte. Non possono coe- sistere, anche se possono convivere nel mondo come ambiente o come umanità. La separazione tra trono e altare sta tutta nella dialettica «sono nel mondo … non sono del mondo» perché il valore semantico della parola «mondo» è molteplice: il primo indica il mondo come creazione, come «luogo» della vita; il secondo, invece, indica il mondo come condizione di vita, come prospettiva di esistenza e quindi di scelte morali. Con questa espressione, Gesù intende affermare la natura provvisoria della Chiesa e quindi la sua condizione di «sacramento», cioè di segnale, di indicatore stradale. La Chiesa non può gestire potere mondano perché è destinata a scomparire, una volta instaurato il Re- gnum Dei . «Nel», ma non «del» mondo: è il rapporto tra lo stato in luogo e l’appartenenza interiore. Se Gesù è/sta «nel mondo», è una creatura che ha in co- mune con tutte le creature l’esistenza, la ricerca, la fatica, la riuscita, il fallimento, la condivisione, il con- flitto, tutto ciò che fa umanità, nel bene e nel male. Questo esige la coscienza che il mondo è sinonimo di diversità: uomo/donna; ricco/povero; giusto/ingiusto; credente/non credente; religioso/indifferente; osser- vante/non osservante. Stare «nel mondo» vuol dire acquisire questi binomi e assumerli nella propria vita, come condizione esistenziale «previa». «Nel mondo» deve prevalere quello che unisce, cioè l’umanità e la fragilità, su quello che può differenziare come, ad es., essere credente o non credente. [ 6 – continua ] chiama tutti al suo convito. Se, sul piano della mistica, si ostenta fino all’esasperazione l’immagine del cri- stiano, «alter Christus», occorre che la stessa imma- gine diventi visibile sul piano delle scelte economiche, sociali, quando tocca interessi diretti e impone scelte che esigono separazione da metodi e sistemi che nulla hanno a che vedere con Cristo. LA POLITICA COME CREDIBILITÀ DI DIO Un credente che evade le tasse, che non svolge con competenza e impegno il proprio lavoro, che appro- fitta delle proprie conoscenze per prevaricare sugli al- tri, che usa la religione per avere contatti «impor- tanti» o leggi o denaro o qualsiasi altro vantaggio per sé e la propria istituzione, tradisce il Regno di Dio e allontana la città degli uomini dal volto divino di Dio perché solo con la propria non coerenza rende visibile l’incredibilità di Dio. Questo, infatti, è il compito della religione: rendere credibile Dio, che non si vede, at- traverso le azioni, le scelte, le parole ( pensieri, parole, opere e omissioni ) di chi dice di credere. La persona religiosa è una persona condannata a essere coerente fino allo spasimo perché ogni suo gesto, ogni suo re- spiro testimonia Dio o lo nega. «Nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i credenti, nella misura in cui, per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione ingannevole della dottrina, od an- che per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione» (Conc. Ecum. Vatic. II, Gaudium et Spes , n. 19). C’È MONDO E MONDO In Gv (vangelo e lettere) il termine «mondo – kòsmos » ricorre circa 100x e ha almeno quattro significati (cf Gv 1,10-11): a) Il mondo geografico, ambiente materiale, il contenitore dove l’umanità vive. 34 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2013 Così sta scritto TASSE L’esempio delle tasse è devastante. Si è diffusa la mentalità che siccome la tassazione è alta, in un certo senso, sarebbe «morale» autodetassarsi, cioè evadere, come ha addirittura incitato a fare un presidente del consiglio dei ministri in campagna elettorale per guadagnare qualche voto in più ( Il Corriere della Sera , 17-02-2004). Nessuna reazione da parte del mondo cattolico a questo invito che guardava con benevolenza agli evasori costringendo gli onesti a pagare sempre di più. Chi sta al governo dovrebbe educare al senso dello stato e della partecipazione come condivisione dei servizi per lo sviluppo della personalità, la tutela della famiglia, il progresso ordinato e congruo della comunità. Quando manca il senso di Dio, è fortemente carente anche l’etica dello stato. Si ha un bel dire di essere cristiani o d’ispirarsi alla dottrina sociale della Chiesa, ma se si evadono le tasse, ci si mette fuori dall’amore di Dio, che s’incarna nell’amore del pros- simo, e dal diritto di pretendere dallo stato servizi essenziali (sanità, scuola, assistenza, trasporti, pensioni, ecc.). Chi non paga le tasse, non solo costringe chi le paga onestamente a pagarne sempre di più, ma non ne ha nemmeno lui stesso un beneficio diretto, in quanto alla fine deve pagare di più i servizi che lo stato non può erogare per mancanza di fondi. Pagare le tasse è condivisione evangelica oltre che dovere civile di altis- sima responsabilità. Per questo bisogna mandare al governo persone oneste che garantiscano non i privi- legi in nome della religione, ma che amministrino con grande senso di responsabilità il denaro di tutti, verso il quale dovrebbero, se credenti, avere lo stesso rispetto che hanno per il Corpo di Cristo perché sono chiamati a servire e curare i corpi e gli spiriti di coloro con i quali Cristo si è identificato in tutti i tempi (cf Mt 25, 31-46). Il mondo del diritto e della trasparenza, dell’onestà e della condivisione è il mondo proprio dei credenti che devono anche farlo diventare il mondo proprio della politica e dello stato.
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