Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2013
gando. Tra i cattolici, solo chi ha un altissimo senso di Dio e della propria insufficienza, solo chi ha speri- mentato l’incontro con il Signore, solo chi è immerso nello Spirito missionario del risorto dovrebbe e po- trebbe spingersi a operare in politica, come sacra- mento visibile della Presenza di Dio che pone la sua tenda in mezzo al mondo di ogni tempo e cultura. GESÙ POLITICO-SERVO Gesù fu un grande politico perché non guardò mai al suo interesse, ma ad esso antepose sempre il benes- sere materiale e spirituale delle folle che lo cerca- vano. Gesù esercita in sommo grado la politica come servizio e disponibilità verso i bisogni della povera gente, come sfamare gli affamati, guarire i malati, consolare i dubbiosi, prendersi cura dei piccoli e dei deboli. Nello stesso tempo, egli prende le distanze dai potenti che fanno della politica lo strumento della loro sete di onnipotenza per avere sempre più potere per i propri interessi. In tutto il Vangelo, Gesù opera preva- lentemente lontano dalle grandi città, specialmente se sono centri di potere e predilige i villaggi, anche non ebrei, ma abitati da pagani, ai quali offre lo stesso servizio e gli stessi segni che opera per i Giudei. È il criterio della «Politica generale», quella che non fa preferenze, ma guarda all’umanità nella sua globalità di creatura del Padre. Le beatitudini nella versione di Luca sono una chiara e inequivocabile «scelta preferenziale per i poveri» (cf Lc 6,20-26). Gesù non è il Messia adattabile a tutte le stagioni o l’uomo per tutti: egli esige non solo la con- versione interiore, come atteggiamento morale per- sonale, ma impone l’obbligo di una scelta radicale, come fa con l’uomo ricco, al quale impone di «ven- dere» le ricchezze per diventare suo discepolo. Sap- piamo com’è andata a finire e sappiamo anche per- ché: «Aveva molte ricchezze» (Mc 10,21-22). Gesù non prende mai le difese dei ricchi e quando li incontra li obbliga a prendere coscienza del valore so- ciale e comunitario dei loro beni (ricco epulone, Zac- cheo, uomo ricco, ecc.). Nessuna ricchezza è indivi- duale perché la creazione non può mai essere privata, avendo ricevuto fin dalle origini una destinazione uni- versale. Gesù si differenzia sempre da chi esercita il potere con i quali non cerca mai il conflitto diretto e se può opera in periferia, mai a Cesarea, sede del gover- natore romano. Affronta però il conflitto, quando è inevitabile. In questo modo egli afferma la sua pro- spettiva che non è mai confusione di ruoli o di compe- tenze. La prova che la distinzione tra la «regalità» di Gesù e il «potere» di qualsiasi Cesare non è questione di aree d’influenza o di gestione di leggi, ma di prospettive e quindi, in conseguenza, di logiche che comportano decisioni, scelte, valutazioni, discernimento, sta an- che nella preghiera al Padre del capitolo 17 di Gio- vanni, dove Gesù stesso equipara i suoi discepoli a sé, perché, come lui, «sono nel mondo»: « 9 Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. 10 Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. 11 Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. 15 Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16 Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17 Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18 Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19 per loro io consa- cro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. 20 Non prego solo per questi, ma an- che per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: 21 perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano an- ch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,9-20). «Essere nel mondo» significa vivere la stessa sorte di tutti gli esseri viventi, partecipare all’esistenza dell’u- manità. Null’altro. Infatti, essere cristiani o credenti non implica diritti particolari o privilegi o «statuti» di- versi da quelli di chiunque altro. L’espressione « non prego per il mondo » accentua la separazione dal mondo , inteso come complesso delle forze ostili al Re- gno di Dio, cioè il male (cf Gv 15,18). Non è un rifiuto degli uomini o un disincarnarsi dall’umano, ma il rifiuto del «mondo» dell’ingiustizia, della prevaricazione, del potere basato sulla forza o, peggio ancora, del potere che nasce dalla corruzione e che genera corruzione. Dove c’è corruttela, infatti, c’è lo spirito del mondo che è opposizione al mondo di Dio. I cristiani non sono spe- ciali, ma vivono in modo speciale perché stare nel mondo è un servizio che nasce dal senso della giustizia animato dall’ agàpē e nello stesso tempo portano nel mondo «un metodo» di presenza e di «utilizzo» che esprime la gratuità di Dio che si rapporta con tutti e AGOSTO-SETTEMBRE 2013 MC 33 MC RUBRICHE Rendete a Cesare - 6 # Don Lorenzo Milani (1923-1967) con i suoi ragazzi a Barbiana.
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