Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2013
dove fu sparato il primo proiettile del conflitto e dove è caduto l’ul- timo dei combattenti ribelli deve ancora godere del diritto a dotarsi di un governo provinciale, seppure limitato, come le altre otto provin- cie. Un politico pro-governativo ha addirittura avanzato richiesta alla Corte suprema per chiedere che sia abolito il sistema di decentra- lizzazione del potere». «Questo non è il modo migliore per perseguire la riconciliazione e per guadagnare il consenso delle minoranze senza concessioni al nazionalismo srilankese. Mostra invece una miopia che sfida la ge- stione corretta del paese. In que- sto contesto - conclude Perera - chiamiamo il governo ad assicu- rare che si tengano le elezioni per il Consiglio provinciale settentrio- nale previste a settembre». SINHALA, TAMIL, MORI: MOSAICO DI ETNIE E RELIGIONI Considerato fino agli anni Set- tanta un esempio di convivenza di etnie e fedi diverse, paese con il più alto reddito pro-capite in Asia meridionale, lo Sri Lanka è una nazione isolana di 65.610 chilo- metri quadrati, con 20,3 milioni di abitanti. I Singalesi (Sinhala) rap- presentano il principale gruppo etnico (74 per cento della popola- zione) e sono buddhisti al 90 per cento. Il buddhismo, riconosciuto ufficialmente religione di stato nel 1972, è strumento identitario ma allo stesso tempo elemento discriminatorio. In particolare così viene individuato dalle mino- ranze religiose, a partire dai Ta- mil di fede indù, il 17 per cento della popolazione. I musulmani costituiscono il terzo grande gruppo religioso (9,2 per cento) e sono anch’essi considerati una etnia a sé (Mori), contrariamente ai cristiani (7,5 per cento) che, presenti sia tra i Tamil, sia tra i Singalesi, vengono assimilati et- nicamente a questi gruppi. L’ori- gine della violenza che per oltre un quarto di secolo ha devastato lo Sri Lanka risale alla fine del potere britannico, nel 1948. La politica del divide et impera e la fine di antichi equilibri per favo- rire l’economia coloniale (ad esempio l’immigrazione di molti Tamil dall’India per lavorare nelle piantagioni di caffè e di tè), non potevano non avere ripercussioni sull’isola. Gli anni immediata- mente successivi all’indipen- denza furono sostanzialmente pacifici, ma questo non impedì l’emergere di tensioni fra la mag- gioranza singhalese e la mino- ranza tamil. Differenza ma non incompatibilità riconosciuta da un sistema di quote nel pubblico im- piego e nelle università che, ere- dità coloniale, è stato da sempre additato dai Tamil come prova del loro essere discriminati. tempo di paura e silenzio che ha segnato la vita del paese, por- tando alle estreme conseguenze tendenze che venivano da lontano, durante e prima della colonizza- zione britannica, e proiettandolo verso un sistema di potere semi- dittatoriale controllato dal presi- dente. Portando a una situazione tanto fortemente discriminatoria sul piano interno quanto arro- gante e nazionalista su quello in- ternazionale. GLI ACCORDI DI PACE E LA PROVINCIA TAMIL «Quattro anni dopo la fine del conflitto, deve ancora concretiz- zarsi la soluzione politica pro- messa dal governo durante il con- flitto - sostiene Jehan Perera, atti- vista sociale -. La provincia set- tentrionale (a maggioranza tamil), AGOSTO-SETTEMBRE 2013 MC 11 # A sinistra : giovani studenti buddhi- sti. Il buddhismo è religione di stato ed è seguito soprattutto dall’etnia singalese, che costituisce il 75% della popolazione del paese. MC ARTICOLI
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