Missioni Consolata - Luglio 2013

46 MC LUGLIO 2013 OSSIER IL SALTO NEL VUOTO «Quando siamo venuti a vivere qui era il 1992» rac- conta Marta: «Avevamo un sogno nel cassetto, in condivisione con il nostro gruppo di amici torinesi: riabitare una borgata. Era un’idea di stampo antro- pologico e sociale, dove aveva la prevalenza un discorso di buon vicinato con spazi culturali in co- mune e unità abitative individuali. L’idea di un trasfe- rimento di gruppo non è mai decollata e alla fine Giorgio e io abbiamo deciso di tentare il salto da soli. I nostri amici non ci hanno mai abbandonato ideal- mente e, anzi, ultimamente hanno comprato alcune case in borgata nell’ottica di una promozione turi- stica del territorio». Da Torino alla Val Maira, dalla città alla comunità montana. Marta ci racconta del loro amore per la montagna, per la natura e gli spazi aperti, della fatica del vivere metropolitano. Non ne parla con aberra- zione, ma osservandola in questo contesto si intuisce quanto potesse sembrargli limitato l’ambiente citta- dino. «Appena arrivati qui vivevamo a San Damiano Macra. Io continuavo a fare il me- dico negli ambulatori locali e Giorgio seguiva ancora qualche consulenza come traduttore. Poi, sono arrivati i primi due bambini e Giorgio è diventato sempre più il punto di riferimento per la fa- miglia. Si occupava volentieri di tutto il menage familiare, dell’orto che stavamo iniziando a coltivare e di proseguire con i suoi studi di arricchimento personale (lo stu- dio dell’arabo, del cinese e dell’an- tropologia). Erano anni duri ma pieni, iniziavamo a delineare in modo più chiaro quello che sa- rebbe stato il nostro futuro. Nel 1996 abbiamo trovato questa casa in borgata e il progetto di riabi- tare una comunità montana ha preso corpo». Mentre Marta racconta, ci tor- nano alla mente le immagini di un film di qualche anno fa «Il vento fa il suo giro» dell’italiano Giorgio Diritti girato in Val Maira. La sto- ria sembra clonare le esistenze di Giorgio e Marta: una famiglia con tre figli si trasferisce in una co- munità montana per vivere secondo natura, occu- pandosi di pastorizia, ma la diffidenza nei confronti dello straniero non tarda a farsi sentire da parte dei locali. A questa citazione Marta sorride e commenta: «Volete sapere una curiosità? Le capre del film sono le nostre. Il film è molto genuino e gli attori non pro- fessionisti rendono l’affresco. Per quel che ci ri- guarda, però, la comunità locale non ha mostrato nessuna chiusura nei nostri confronti. Il fatto che io facessi il medico e lavorassi molto sull’aspetto umano del paziente, ha favorito una rete di contatti sociali propositivi che ci ha sicuramente incoraggiati nell’i- niziativa». ARRIVANO LE CAPRE Medico, madre e costruttrice di una nuova esistenza improntata sulla socialità, la spinta antropologica e il rispetto ambientale. Quando è nata l’idea di una pro- posta anche commerciale? «Dopo i primi tempi in borgata, anche Giorgio ha iniziato a vedere con più chiarezza quello che potevamo ideare a livello pro- fessionale. Si è specializzato nella pastorizia ed è an-

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