Missioni Consolata - Maggio 2013
droga: quando non possono col- legarsi alla «rete», hanno «crisi di astinenza». I giovani (e non solo) si imbevono, credono a quanto conoscono sui social networks , e le fonti non sempre sono nitide. Occorre così aiutarli a discernere e abituarli a rela- zioni personali reali: qualcuno fa persino l’amore in webcam . Nello stesso tempo, la diffusione di commenti, notizie e fotografie personali, talora all’insaputa del diretto interessato, porta anche a epiloghi drammatici. Paradig- matico della fragilità e del cini- smo spietato che talvolta carat- terizzano il vivere di tanti giovani è stato, alcuni mesi fa, il caso di Amanda Todd, un’adolescente di Vancouver, Canada: un amico più grande di lei la convince a inviar- gli una sua foto a seno nudo. Lei, all’epoca dodicenne, non sa op- porsi. Salvo accorgersi, tempo dopo, che la sua foto osé è di- ventata di dominio pubblico: agli immancabili insulti si aggiun- gono perfidi consigli. Alla fine lei, quindicenne, dà addio alla sua esistenza. La sua morte crea un’ondata di moralismo ipocrita: si accusano la famiglia, la scuola, i compagni, ma alla fine tutti ne escono (auto)giustificati. PIÙ CHAT MENO SENTIMENTO Già nel «lontano» 1995, lo psico- logo americano Daniel Goleman parlava di «analfabetismo emo- tivo», intendendo con questa espressione da un lato la man- canza di consapevolezza delle proprie emozioni e dei compor- tamenti a esse associati, dall’al- tro l’incapacità a relazionarsi con le emozioni altrui e con i relativi comportamenti, non riconosciuti e compresi. L’uso crescente dei nuovi media favorisce la diffu- sione di relazioni mediate, e quindi la difficoltà a riconoscere e capire le emozioni proprie e dell’altro. In ogni caso, «sve- larsi» in un social network non può appagare il desiderio di una relazione personale «reale». Lo conferma Chiara Micheletti, psi- cologa e psicoterapeuta del Cen- tro di Sessuologia medica dell’O- spedale San Raffaele-Resnati di Milano: «Il rapporto prolungato con lo schermo e la tastiera, le risposte telegrafiche, superfi- ciali, spesso schematiche e prive di contenuti, sono di ostacolo alla riflessione e all’espressione delle proprie emozioni. La fretta della comunicazione via chat to- glie tempo al sentimento. È la solitudine, l’insicurezza, la paura che inducono i ragazzi a prefe- rire questo genere di comunica- zione “virtuale”. “Socializzare” via chat è molto più asettico e meno impegnativo che incon- trare [fisicamente] una persona, guardarla negli occhi, relazio- narsi con lei. E poi si può tran- quillamente “bleffare” sulla pro- pria identità, inventarsi uno sta- tus sociale, far credere di essere diversi da ciò che si è, per sen- tirsi grandi, affermati e gratifi- cati». L’americano Andy Braner, esperto di adolescenti, ritiene che nonostante Facebook , Twit- ter , ecc., sostengano di rendere le persone più unite, «se si chiede a un ragazzo chi vera- mente potrà essere vicino a lui nei momenti difficili della sua vita, faticherà a dire il nome di qualcuno». VITA ACCESSIBILE E ARCHIVIABILE Come ha scritto Chiara Giaccardi su «Avvenire» (6.2.2013), «certa- mente i giovani hanno poca con- sapevolezza degli effetti di ciò che scrivono, postano, pubbli- cano in rete e di come queste informazioni siano accessibili, 60 MC MAGGIO 2013 MONDO # I nuovi media sono sempre più diffusi anche nei paesi del Sud del mondo, benché la percentuale delle persone «connesse» sia inferiore a quanto generalmente si creda: nel 2010 ha avuto accesso a internet il 28% della popolazione mondiale. # Pagina accanto : p. Antonio Spadaro, gesuita, autore del libro Cyberteologia , durante la presentazione del volume al Salone del libro di Torino del 2012. © Af. MC/Gigi Anataloni © Af. MC/The Seed
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