Missioni Consolata - Maggio 2013

44 MC MAGGIO 2013 OSSIER denaro nella cassa comune che serve a sostenere le spese vive dell’orto. «Esperienze come questa ser- vono a coinvolgere i nostri clienti, avvicinandoli al mondo del sociale e dell’agricoltura. Per lo stesso mo- tivo, due volte l’anno invitiamo gli acquirenti dei pa- nieri a partecipare a momenti conviviali, può essere una merenda nell’orto o una chiacchierata con gli agricoltori delle aziende…». Tra le iniziative ci sono anche le adozioni: «All’inizio non avevamo i soldi per comprare le api, allora ab- biamo lanciato una sottoscrizione, “Adotta un al- veare”. Anche per mettere su il pollaio, abbiamo pro- posto ai nostri acquirenti di “adottare” una gallina. In cambio, una volta avviata l’attività, chi ha contribuito riceve miele o uova». Sempre per coinvolgere le per- sone e avvicinarle alla realtà contadina, periodica- mente le si invita a partecipare ad alcune fasi della produzione. «Una di queste è la smielatura, attual- mente abbiamo 50 arnie, ognuna produce circa 20-25 kg di miele, per un totale di alcune tonnellate di pro- dotto ogni anno» racconta Paolo. «Partecipando alla smielatura i nostri amici imparano cose nuove, ma so- prattutto capiscono quello che sta dietro alla produ- zione, ad esempio si rendono conto del perché, se è stata un’annata piovosa, non c’è il miele di acacia». In questo modo si forma il vero consumatore consape- vole. UNA SCELTA DI VITA Per Paolo, sposato e con due bambine di 9 e 13 anni, l’esperienza nell’Orto non è solo un lavoro, ma una scelta di vita. «Il lavoro agricolo non prevede orari, sarebbe inimmaginabile una cascina dove il contadino fa le 8 ore e poi se ne torna a casa», ci racconta. «Solo per fare un esempio, d’estate le galline razzolano li- bere fino alle 21.30 poi bisogna farle rientrare nel pol- laio, perciò si è impegnati fino a tarda sera. Così dopo i primi anni, dove lavoravo 50-60 ore la settimana, mi sono reso conto che occorreva una presenza più co- stante, e con la mia famiglia abbiamo deciso di trasfe- rirci ad abitare nella Città dei Ragazzi». Ma quali sono i progetti per il futuro dell’Orto? «In- nanzi tutto vorremmo potenziare le attività produt- tive legate all’apicoltura, come la pappa reale, il pro- poli, ecc. Poi abbiamo in programma una sperimenta- zione, per cui inseriremo qualche vitello e qualche vacca che faranno da “taglia-erba” naturali e non in- quinanti per il comprensorio: oltre a tenere sotto con- trollo il livello della vegetazione, potrà servire per ot- tenere un concime biologico…». Ma quel che più conta, è l’aspetto sociale e umano del- l’Orto: «Qui i ragazzi lavorano a contatto con la na- tura, imparano a fare le cose con le proprie mani, co- noscono la fatica ma anche la soddisfazione di racco- gliere quel che loro stessi hanno prodotto, e imparano a prendersi cura degli altri esseri viventi. Ed è questo che rende speciale la loro esperienza». «M i chiamo Mohamed, arrivo dal Ma- rocco; sono venuto in Italia in cerca di fortuna per poter aiutare la mia famiglia. Mi sono imbarcato 14 anni fa da Casablanca dentro una nave commerciale che trasportava container. Quando mi sono in- filato di nascosto dentro la canna fumaria ho pensato che avrei viaggiato al massimo 3 giorni invece il viaggio ne è durato 7. Mi ero portato dei ceci e una baguette di pane che potevano bastarmi per tre giorni scarsi… così il mio viaggio verso la Spagna non è stato molto piacevole, ho vomitato più volte perché ho do- vuto bere l’acqua del motore per dissetarmi. Ma ero determinato a proseguire per aiutare i miei genitori. Siamo una famiglia di 14 fratelli e mangiamo solo il pane alla menta e qualche verdura… la carne la vediamo raramente, un etto di pollo o agnello alla settimana. Sono sceso dalla nave di notte scappando dalla polizia di frontiera. Sono rimasto un giorno na- scosto dentro un camion finché tutto si è cal- mato. Mi sono trattenuto in Spagna per una settimana chiedendo aiuto in una chiesa dove mi hanno sfamato a pane e formaggio. P oi grazie a passaggi in autostop e in treno, sempre nascosto nelle toilette, sono arrivato a Marsiglia. Qui mi sono in- contrato con una persona su una montagna e abbiamo concordato il viaggio fino in Italia dove avevo alcuni amici miei vicini di casa. Ar- rivato a Torino sono rimasto da loro qualche giorno; poi mi sono trasferito per un paio di mesi in una casa abbandonata. Ho trovato la- voro come carrozziere. D’estate, quando ha chiuso per ferie, sono andato al mare dove ho iniziato a vendere teli da spiaggia fino a set- tembre. Al ritorno non mi hanno ripreso al la- voro perché non avevo i documenti. E così sono andato avanti ad aggiustarmi con lavo- retti come il muratore. Quindi una persona mi ha parlato della Città dei Ragazzi, lì ho cono- sciuto Paolo e ho iniziato questa esperienza. Mi trovo bene con lui, i colleghi e tutti i clienti ai quali porto la verdura e la frutta. Ringra- ziando tutti coloro che mi hanno sostenuto, posso dire che sto bene. Grazie. Mohamed». Oggi Mohamed, oltre a lavorare per l’Orto dei Ra- gazzi, si è preso la patente e un’automobile, ha ottenuto i documenti e l’estate scorsa è tornato in Marocco a salutare la famiglia. Ste.Gar . LA STORIA DI MOHAMED L’Orto dei Ragazzi l’agricoltura biologica come esperienza sociale e collettiva Strada Traforo di Pino 67/30, 10132 Torino tel. 348/0360710 – 393/9191156 info@ortodeiragazzi.org www.ortodeiragazzi.it

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