Missioni Consolata - Maggio 2013

di Gigi Anataloni EDITORIALE MAGGIO 2013 MC 3 Ai lettori FORTE TENEREZZA N ell’editoriale dello scorso mese esprimevo l’aspettativa che lo Spirito Santo ci sorpren- desse con un papa inedito, secondo il cuore di Cristo. Lo Spirito ci ha ascoltati. Anzi, ha aggiunto sorpresa a sorpresa: ci ha dato il papa della tenerezza. E questo è davvero una specie di nemesi storica. Papa Francesco viene da un continente dove il Vangelo, soprat- tutto nei primi secoli, è stato imposto più con la forza delle armi che con la testimonianza dell’a- more e ora, proprio quel continente dona alla Chiesa universale un testimone della tenerezza di Dio. Mi sembra bellissimo. Voglia di tenerezza . Era il titolo di un film del 1983 di J. L. Brooks. Abbiamo tutti bisogno di tene- rezza e misericordia. Questo papa ci sta facendo capire la bellezza e la forza della tenerezza di Dio: un padre che sente come una madre (vedi la parabola del «padre misericordioso» in Luca). E questo mi riporta alla mente ricordi lontani. Forse maggio 1955. Ho appena quattro anni. Mio pa- dre è in ospedale da mesi. Una sera ritorno a casa dall’asilo. La strada in salita è inondata dal sole al tramonto. All’improvviso dal grande portone della cascina mezzadrile esce un uomo, nera si- luette nel sole accecante. È lui! Corro, lasciando indietro i cuginetti. «Ubà!» (babbo). E sono nelle sue braccia. Gioia indicibile. Il ricordo di una tenerezza che non mi lascia più. Spalle forti da con- tadino, braccia muscolose come un pugile, mani callose che potevano immobilizzare un toro per le corna ma si rifiutavano di dare una pur dovuta sculacciata per timore di far troppo male. La for- za e la tenerezza di un padre. Papa Francesco con le sue parole e la sua gestualità riporta la tenerezza nel cuore della missione della Chiesa. La gioia raggiante sul volto di un ragazzo disabile offerto all’abbraccio del papa in Piazza san Pietro parla della tenerezza di Dio mille volte di più di tanti dotti documenti o liturgie sontuose. E davvero il mondo di oggi ha tanta «voglia di tenerezza», tenerezza che è mettere al centro la persona, è offrire attenzione all’altro, aiuto al povero, accoglienza allo straniero, servizio all’ammalato, accompagnamento nel recupero al carcerato, compagnia e aiuto all’anziano, prote- zione al bambino e molto altro, senza limiti alla fantasia e alla creatività. P apa Francesco sta aiutando tutta la Chiesa a ricuperare questa dimensione divina dell’a- more, infangata dalle tristi storie di pedofilia che hanno offuscato quelle di dedizione e servizio di milioni di cristiani e tantissimi sacerdoti, religiosi e missionari. La tenerezza di Madre Teresa, di Giovanni XXIII, di Padre Pio, di Annalena Tonelli e di tantissimi altri, donne e uomini, che hanno anche pagato con la vita il loro amore per gli altri, ha aiutato un gran numero di persone a scoprire il vero amore di Dio, tenero e forte, misericordioso ed esigente. In questi anni si è prodotto molto nel nostro mondo cristiano: documenti profondi, catechismi rin- novati, traduzioni nuovissime della Bibbia, splendide riviste, pagine web, produzioni cinematogra- fiche e televisive; tutto materiale di altissima qualità. Con un difetto forse: si è puntato troppo alla mente e poco al cuore. La gestualità inedita e informale di papa Francesco riporta al centro il cuo- re e la persona. La Chiesa missionaria sa bene quanto questo sia importante. È la testimonianza dell’amore vissuto che conquista i cuori. Predicazione, catechesi e liturgia vengono dopo. Questo è vero negli angoli più remoti del mondo come nelle parrocchie della nostra Italia, dove la carenza cronica di preti rischia di ridurre gli stessi a diventare funzionari del sacro e non a essere pastori che abbiano addosso l’odore delle pecore. Negli anni Sessanta alcune delle mie sorelle lavoravano come «serve» in città. Tornando a casa per le feste o le ferie, si lamentavano con nostro padre perché puzzava di stalla, dove conosceva ogni mucca per nome e loro conoscevano lui, anche da distante, tanto che bastava il suono dei suoi passi per farle quietare. Oggi, invece, nelle stalle ci sono troppe mucche, ognuna è un nume- ro controllato a distanza, schedato in un computer, e il «pastore» fa la doccia e non puzza più di vacca. Almeno, così è nel nostro mondo. Ma là, alla «fine del mondo», da dove viene papa France- sco, non è così. Il «pastore» conosce ancora le sue mucche/pecore per nome, ne condivide l’odo- re, ne conosce i bisogni, le guida ancora nella ricerca di pascoli erbosi e di acque fresche. Grazie papa Francesco per aver riportato la tenerezza di Dio al centro della vita e della missione della Chiesa.

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