Missioni Consolata - Maggio 2013
subirono le conseguenze peg- giori: la prima vide soffocato ogni tentativo di libertà d’e- spressione, di organizzazione sindacale, di sciopero e manife- stazione del dissenso, di stampa, di contatti con l’estero; la se- conda, distante dai giochi del po- tere politico ed economico, fu costretta a occuparsi solo della propria mera sopravvivenza quo- tidiana, priva di qualsiasi soste- gno statale e pubblico, terroriz- zata dal possibile intervento mi- litare in caso di protesta per le proprie misere condizioni. Le ri- volte di fine Novecento ebbero come protagonisti gli studenti delle grandi città e i monaci, le uniche fasce di popolazione suf- ficientemente istruite per inter- cettare e manifestare la prote- sta. Esse furono soffocate nel sangue grazie anche al ripristino della legge marziale. In questa fase, l’embargo attuato dagli Stati Uniti e dall’Europa nacque con intenzioni forse con- divisibili (tagliare i rifornimenti economici e finanziari al regime per indurlo alla trattativa e alla apertura), ma all’atto pratico in- taccò solo superficialmente il potere militare ed ebbe gravi conseguenze sulla vita della maggioranza dei birmani. L’iso- lamento internazionale tagliò fuori il paese dai flussi econo- mici, dallo scambio di informa- zioni (la rete Internet non funzio- nava, le e-mail erano soggette a controlli e censura, i visti non erano rilasciati a giornalisti e operatori dei mass media) e dal progresso sociale. TRA PASSATO E PRESENTE Chi ha avuto l’opportunità di viaggiare come turista nella Bir- mania dell’inizio del Ventune- simo secolo è stato facile testi- mone di una realtà sospesa tra passato e presente, caratteriz- zata dalla mancanza di un si- stema educativo e scolastico ob- bligatori, dall’assenza di una rete sanitaria a livello nazionale, dalla presenza di infrastrutture desuete risalenti per la maggior parte all’epoca coloniale britan- nica. Visitare la Birmania in que- gli anni significava attraversare il tempo e ritrovarsi in un pas- sato quasi del tutto dimenticato in Occidente: i bambini al lavoro nei campi con i genitori, gli an- ziani a fumare serenamente i propri cheerot (grossi sigari fatti a mano) e ad attendere il tra- monto, paesaggi rurali rigo- gliosi, ricchi di colori e profumi, impreziositi da pagode e stupa secolari, giovani monaci buddisti in meditazione o in fila per la ciotola di riso quotidiana: nell’e- strema povertà, i birmani man- tenevano una grande dignità e una timidezza curiosa, che inevi- tabilmente sfociava in un bel sorriso. La terra delle pagode e dei sorrisi: sorrisi semplici, sin- ceri, genuini. Viaggiare in Birma- nia in quegli anni consentì inol- tre di aprire una minuscola crepa nel guscio in cui i generali avevano rinchiuso il paese. Nel- l’indifferenza dei grandi poteri, le spese dei visitatori mantennero in vita uno strato sociale di per- sone dedite al turismo, tra cui guide, autisti, camerieri, addetti alle pulizie, facchini, piccoli ri- storatori, e lo alimentarono con idee, immagini, racconti di si- stemi politici e sociali differenti, ma anche con aiuti economici concreti. Ma il dilemma morale del viaggiatore (non voler contri- buire con tasse, permessi, ga- belle varie ad arricchire un re- gime sanguinario) restava per molti un nodo irrisolto e un osta- colo etico. Lo stato si ricordava dei suoi cit- tadini solo quando questi alza- vano coraggiosamente la testa e protestavano per le condizioni di vita misere in cui si trovavano a sopravvivere. In quei momenti scattava la rappresaglia, dura e silenziosa, contro studenti, mo- naci e gente comune di Yangon e Mandalay. La latitanza dell’istituzione cen- trale in tutti gli altri campi, in particolare delle politiche so- ciali, economiche e culturali, venne in parte colmata da alcune 16 MC MAGGIO 2013 MYANMAR
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