Missioni Consolata - Aprile 2013

aver completamente cambiato la sua vita. Un giorno verrà libe- rato, questo spera con tutto il cuore. Un desiderio impossibile da realizzare visto che è dentro a vita per rapina a mano armata. In prigione ha scritto due libri ( The Curse e The Sweet sting ) e ne ha altri cinque in cantiere. Sogna che qualcuno gli doni un computer per scrivere più velo- cemente. Dice che i carcerati sono uomini e non dovrebbero essere trattati come animali. Un altro cancello si è aperto e chiuso. Siamo in un altro re- parto. Qui ci sono molte attività in corso: falegnameria, mecca- nica, sartoria, lavorazione del cuoio, produzioni artistiche e stampa delle targhe delle auto. Potrebbe essere chiamata «l’a- rea industriale» di Kamiti. Alcuni dei lavori dei carcerati sono stu- pendi. Riesco ad avere uno dei loro souvenir, un anello multico- lore in stile maasai. Più in là c’è l’area della scuola: elementari, medie e superiori sotto lo stesso tetto, le classi di- vise da tende di sacco. Determi- nazione è dipinta sulle facce de- gli studenti e degli insegnanti. Hanno anche un giornale: The Kamiti Times magazine . Tutti gli insegnanti sono carcerati, com- preso il preside, Albert Kitur, 17 anni di prigione. Ci sono 42 inse- gnanti e, nel 2012, 20 candidati per l’esame di terza media e 15 per la maturità. Un altro cancello si apre e chiude rumorosamente. Ci tro- viamo in uno degli affollati dor- mitori, chiamati blocchi. Qui solo gli affidabili (carcerati premiati per buona condotta) hanno il pri- vilegio di dormire in un letto. Ben visibili nelle loro uniformi blu, sono un collegamento tra i dete- nuti e le guardie. Tutti gli altri dormono sul pavimento quando il sole tramonta. Qui c’è anche un’area chiamata «Old Trafford» (come lo stadio del Manchester United ), un cor- tile dove i detenuti possono gio- care a pallone, suonare, pren- dere il sole e rilassarsi. Hanno perfino una Kamba boy’s band . La visita è finita. Ho cercato di essere rilassato, rassicurato dalla presenza di Christopher Wambua che è guardia e cate- chista, ma sono contento di uscire da questo posto che mi dà i brividi, anche se tutti i detenuti sono stati di una cordialità e gentilezza incredibili. Finalmente il massiccio cancello d’entrata si chiude alle mie spalle a conclusione della nostra visita, resa possibile dalla poli- tica open doors del governo e dalle riforme iniziate dopo il 2002 dal vicepresidente Moodi Awori (che era anche umile par- rocchiano del santuario della Consolata di Nairobi). E improvvisamente capisco. Ora so cosa mi è sembrato di per- dere mentre entravo: la libertà. FEDE E RIABILITAZIONE La vita in prigione è un tempo che non finisce mai, ma Peter Ndungu (ergastolano), si consi- dera fortunato perché è ancora vivo pur essendo stato condan- nato all’impiccagione nel 1997. Quando la corte di appello aveva confermato la sentenza, aveva avuto la certezza che fosse la fine. Fortunatamente lasciò il braccio della morte nel 2009 quando il presidente Kibaki com- mutò la sentenza in ergastolo per 4.000 condannanti a morte. KENYA 64 MC APRILE 2013 Quindici anni dopo quel fatidico 1997, Peter è un uomo cambiato. Ci viene incontro con una vecchia copia del The Seed , un numero speciale del 2002 dedicato al centenario dei missionari della Consolata in Kenya. Quella copia è specialissima per Peter, non solo perché l’ha aiutato a rinfor- zarsi nella fede, ma anche per- ché riporta un coloratissimo di- segno (a biro) che lui fece della Madonna col bambino (ricordo con emozione quella Madonnina! ndt ). «Una volta condannato a morte, mi sono reso conto che i miei so- gni erano svaniti nel nulla. Do- vevo fermarmi, pensare e ap- profondire di più il mio rapporto con Dio. Avevo grandi piani, in- vece di colpo mi trovavo sotto stretta sorveglianza, perquisito a ogni piè sospinto, confinato in una cella e autorizzato a pren- dere il sole solo per pochi minuti ogni giorno. Avevo grandi ambi- zioni e improvvisamente era tutto finito». Fortunatamente non era del tutto nuovo al cammino di fede. A suo tempo era stato un mem- bro attivo del gruppo giovanile

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