Missioni Consolata - Aprile 2013
a subire umiliazioni e vio- lenze indicibili e buttati fuori casa. Hanno dai due ai dodici anni. Ci sono i disabili fisici e mentali, gli orfani del- l’Aids e soprattutto i bimbi malnutriti: sono un centi- naio al giorno. È una pena vederli, sguardi spenti, senza sorriso, esseri fra- gili, stretti da braccia an- cora più fragili e tremo- lanti, mamme malnutrite o giovani mamme vittime dell’Aids. E purtroppo, in questo momento stiamo vivendo anche una situa- zione abbastanza critica e drammatica, il virus del- l’ebola è ricomparso, non si sa ancora come, il cen- tro colpito è proprio la cit- tadina d’Isiro, ma sicura- mente fa paura, non esi- stono farmaci o vaccini, e per l’80% è letale. Ci son già state diverse morti, molti son in isola- mento all’ospedale gene- sionario è un mito . I vari miti dello sport, non han- no ancora fatto presa nel- la nostra vita, ed il missio- nario resta l’unica perso- na fuori dal cerchio famigliare, a cui ci si può avvicinare senza remore, sempre pronto all’incon- tro, all’ascolto. Da quei primissimi incon- tri con i missionari, di anni ne son passati, di espe- rienze e di tratti di strada ne ho fatti, e siccome son convinto che le situazioni non capitano per caso, ec- comi ora in cammino su questa strada missiona- ria, cercando di compiere il disegno che Dio aveva concepito sulla mia culla. Sono Lazzaroni Ivo, mis- sionario laico della Con- solata, da cinque anni mi trovo a Isiro, nel Nord-Est della Repubblica Demo- cratica del Congo. Ogni giorno che passa capisco sempre più l’immenso do- no che Dio mi ha fatto di testimoniare il suo Amore in mezzo a questo popolo e soprattutto in una con- gregazione missionaria con Maria Consolata co- me protettrice. Collaboro con frère Do- menico Bugatti (bresciano di Lumezzane - nella foto grande ) nella gestione del nostro centro nutriziona- le, Notre Dame del la Consolata (Gajen) , con tutte le molteplici attività caritative correlate. Ci sono gioie e difficoltà che la vita e la missione ci riserva, e così, la fervida immaginazione che avevo da ragazzino, ha lasciato posto alla pura e dura realtà africana, con le sue magie, le sue paure, le danze e sensazioni di vita danzata, che solo la mis- sione vissuta con passio- ne può dare. Africa culla dell’umanità, ma vittima di tante con- traddizioni. Terra dai mille sapori, dalle culture ric- che di valori. Ma spesso per rispettare la loro stes- sa cultura, nelle difficoltà della loro vita, tengono le persone in forme di schia- vitù, situazioni che per noi, non hanno senso e lo- gica. Molti sono gli aspetti di una cultura diversa dal- la nostra, che non riesco a comprendere, ad accetta- re. La stessa società è an- cora in cerca di se stessa, fa fatica aprirsi. Quante altre domande mi girano in testa. Allora il mito del missionario barbuto di u- na trentina d’anni fa la- scia il posto al missiona- rio adulto d’oggi, con i suoi perché, forse non tanto diversi dai tanti per- ché dei missionari di ogni tempo. Molte volte viene da chie- dersi se servirà a qualche cosa la nostra presenza , (sicuramente serve più a noi per farci crescere co- me uomini e soprattutto come cristiani), dove il «bianco» non è sempre ben accetto se non per i soldi che pensano possa avere, dove a volte sem- bra che diamo fastidio. Ho l’impressione che appa- rentemente nulla cambi: ingiustizie all’ordine del giorno, poveri sempre più poveri. E così con questi perché in testa, mi ritrovo ogni mattino sulle strade im- pantanate che portano al nostro centro nutrizionale Gajen . Strade infangate che ci conducono alla pri- gione centrale d’Isiro, e rivoli di fango che ci por- tano a visitare gli amma- lati e a celebrare la mes- sa il sabato o la domenica nei vari ospedali, a incon- trare gente nei vari quar- tieri. Per Gesù la strada è sempre stata un luogo d’incontro, e proprio qui incontriamo tanta gente, storie diverse, strade che si incrociano e ci ricondu- cono sempre al nostro centro nutrizionale. Qui ci aspettano bimbi sempre pronti all’incontro col sor- riso stampato sul volto, liberi da quei pregiudizi, da quelle maschere che molte volte gli adulti si mettono, poveri tra i più poveri, in cerca di un aiu- to, di un conforto. Vediamo molti bambini alla scuola materna, sono gioiosi e pimpanti, ma ve- diamo anche i ragazzi di strada, i cosidetti enfant sorcier (bambini strego- ni). La loro infanzia è sta- ta distrutta dalla follia le- gata alla superstizione, vengono accusati dai loro familiari di esercitare po- teri occulti. Sono costretti 6 MC APRILE 2013 redazione@rivistamissioniconsolata.it mcredazioneweb@gmail.com
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