Missioni Consolata - Aprile 2013

42 MC APRILE 2013 vano alcuna intenzione di condividere i loro privilegi con l’ultimo arrivato e lo calunniarono per cinque anni davanti alla corte del gran khan. Finalmente scagionato da ogni accusa, riprese con successo l’evangelizzazione di mongoli e cinesi. In una lettera ai confratelli di Tabriz nel 1305, tirava qualche somma del lavoro svolto in 11 anni di mis- sione. «Ho amministrato il battesimo a 6 mila per- sone. Se non ci fossero state le calunnie dei nesto- riani, ne avrei battezzate altre 30 mila. E sto sempre battezzando». Riuscì a convertire anche importanti personalità della corte, ma non il gran khan, «ormai incallito nell’idolatria» come confessava lo stesso monarca. Rimase da solo per 13 anni, svolgendo un lavoro im- menso fino a erigere altre diocesi suffraganee. Ma in Occidente, con il papa in esilio ad Avignone, nessuno si ricordava più di quel frate sparito nel nulla, finché fra’ Tommaso da Tolentino, proveniente dalla Persia, arrivò ad Avignone durante un concistoro e lesse le lettere di Montecorvino davanti al papa e ai cardi- nali. Grande fu lo stupore nel sentire quelle meravi- glie d’altro mondo. E quando le lettere arrivarono nei conventi, molti religiosi si offrirono volontari per raggiungere l’eroico missionario. Papa Clemente V nel 1307 inviò alcuni missionari e 7 vescovi, per consacrarlo arcivescovo di Khambaliq e patriarca di tutto l’Oriente « in toto dominio Tartaro- rum »; solo tre di essi giunsero a destinazione due anni dopo. La consacrazione di fra’ Giovanni avvenne C on la perdita del potere per mano della dina- stia cinese dei Ming (1368), l’impero mongolo fu totalmente disgregato e i clan rivali comin- ciarono a combattersi tra loro, soprattutto nelle re- gioni dove l’impero cinese esercitava meno con- trollo. Nel XVI secolo, sotto Altan Khan, i principi mongoli abbracciarono il buddismo tibetano, sistema di scrittura compreso, per non essere totalmente as- sorbiti nell’impero cinese. Un secolo più tardi, sotto la dinastia Qing (1636-1911), il territorio abitato dai mongoli fu diviso in due province: Mongolia in- teriore, rimasta sempre legata all’impero cinese, e Mongolia esteriore, che ebbe un regime si semiau- tonomia e, caduta la dinastia Qing, diventò oggetto di contesa tra cinesi e russi, riducendosi nei confini attuali. Intanto cresceva il nazionalismo dei suoi abitanti, che nel 1921, con l’appoggio della Russia, si dichiararono indipendenti, formarono il proprio governo nel 1924, dando origine alla Repubblica popolare di Mongolia, di stretto stampo sovietico: per 70 anni i mongoli subirono l’ingerenza e la dit- tatura comunista dell’Urss, senza peraltro entrare a far parte formalmente dell’Unione Sovietica. D al 1368 al 1990 nella Mongolia esteriore non si ha alcuna traccia di presenza cristiana. Nel 1864 Propaganda Fide incaricò i missionari Lazzaristi e di Scheut (Congregazione del Cuore Immacolato di Maria) di evangelizzare l’intera Mon- golia, ma non poterono lavorare che nella Mongolia interiore. Nel 1922 la Santa Sede eresse la mis- sione sui iuris di Urga (rinominata Ulaanbaatar dai comunisti), affidandola ai missionari di Scheut, ma il cambiamento politico impedì loro di entrare. Il nuovo regime cancellò ogni segno religioso, dis- trusse luoghi di culto, trucidò migliaia di monaci, abbatté monumenti storici, sostituendoli con statue di Lenin e Stalin. Fu perfino proibito di pronunciare il nome di Gengis Khan, eroe nazionale e «divinità» popolare. C on l’avvento della perestrojka sovietica, anche in Mongolia iniziò la svolta democratica, con libere elezioni (1990) e con l’entrata in vigore di una nuova costituzione (12 febbraio 1992), che garantisce libertà di religione. Nel frattempo una delegazione del governo mongolo si presentò in Vaticano per chiedere di allacciare relazioni diplo- matiche con la Santa Sede, dicendo che sarebbe stata ben accolta la presenza e il contributo di missionari cattolici alla ripresa della società mon- gola. Il 4 aprile 1992 Santa Sede e Mongolia stabilirono le relazioni diplomatiche; tre mesi dopo arrivarono a Ulaanbaatar tre missionari di Scheut per ripren- dere l’evangelizzazione del popolo mongolo, col- mando così un silenzio storico durato oltre sei se- coli. B.B. SEI SECOLI DI GRANDE VUOTO nel 1310 nella chiesa attigua alla reggia, alla presenza di Guluk Khan (succeduto a Timur nel 1308) e di una folla incontenibile d’ogni razza e religione. Nel 1325 un altro grande missionario francescano, Odorico da Pordenone, dopo aver percorso innume- revoli regioni e isole dell’Asia meridionale, raggiunse Pechino e per tre anni aiutò il vecchio Montecorvino. Tornato in Italia per chiedere rinforzi per la mis- sione in Cina, morì un anno dopo il suo arrivo. Ma ebbe ancora il tempo di dettare a fra’ Guglielmo di Solagna le sue memorie, intitolate: Relatio (rela- zione), un’opera che non ha nulla da invidiare al Mi- lione di Marco Polo e che diventò subito un best sel- ler , tradotto in italiano, francese e tedesco. Fra’ Giovanni da Montecorvino morì nel 1328, a 81 anni, compianto da cristiani e pagani, «venerato come santo da Tartari e Alani» come scriveva Mari- gnolli. Alla sua morte la Chiesa in Cina contava oltre 30 mila fedeli. La sua opera fu continuata da una cin- quantina di confratelli, ma non sopravvisse per più di 40 anni, sia perché la peste nera del 1348 aveva deci- mato i frati minori, impedendo l’invio di nuovi mis- sionari, sia, soprattutto, perché la dinastia Ming prese il potere (1368) e pose fine all’impero mongolo, distruggendo la vecchia capitale Karakorum, ma senza riuscire a controllare il territorio. Al tempo stesso il celeste impero chiuse i confini agli stranieri e le cristianità si dissolsero, scomparendo lenta- mente nel nulla. Benedetto Bellesi

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