Missioni Consolata - Aprile 2013
ITALIA 30 MC APRILE 2013 irraggiungibili, e per di più estranei alla cultura e alla storia locali. Gli aiuti internazionali e le Ong non devono alimentare il narcisistico scimmiottamento dei paesi industrializzati, che sono visti dai Pvs (Paesi in via di sviluppo, ndr ) come modelli di riferimento proprio perché de- positari di beni tecnologici. Importante è lo sforzo di dare dignità alle persone insegnando loro un mestiere, perfezionando le competenze professionali. Il gergo della cooperazione lo de- finisce «costruzione di capa- cità». La ricchezza più impor- tante che i programmi sanitari devono portare è la capacità di curare i malati. I volontari di vil- laggio impiegati con sorpren- dente successo nelle nostre campagne sanitarie sono esempi di quali importanti risul- tati si possano raccogliere an- che fra le persone con basso tasso di scolarizzazione e nei contesti lavorativi culturalmente più miseri. Costruzione di capacità, parteci- pazione comunitaria e tecnologia appropriata sono, intrecciati fra loro, i principali strumenti per raggiungere in futuro l’indipen- denza dall’aiuto esterno, il cosid- detto «sviluppo sostenibile». Qualunque intervento nelle si- tuazioni di povertà estrema è non soltanto attuabile, ma ha una sua grandezza come atto di rispetto verso i più poveri, cui è offerto per alleviare le loro soffe- renze e come opportunità di ri- scatto dalla miseria. Gli inaccet- tabili squilibri fra Nord e Sud del mondo sono destinati a perpe- trare, per molti decenni ancora, la tragedia dei milioni di persone che soffrono e muoiono di fame e malattie prevenibili, fra pro- messe non mantenute e aiuti in- sufficienti. Il nostro intervento, inoltre, contribuisce a donare di- gnità alle povertà locali, umane e materiali, alle persone e alle loro misere cose. Nonostante il timore di pene- trare, senza averne legittima- zione né titolo, nel territorio ac- cademico della chirurgia uffi- ciale, la nostra ormai lunga esperienza sul campo ha origi- nato un’identità nuova che si po- trebbe chiamare «chirurgia po- vera». I L C OMITATO C OLLABORAZIONE M EDICA - CCM ONG IN PRIMA LINEA Fondata alla fine degli anni ‘60 da un gruppo di medici piemontesi, l’Ong ha oggi programmi sanitari in 6 paesi africani e in Italia. Assiste oltre 200.000 persone. N el 1968 un gruppo di medici torinesi, fra i quali Giuseppe Meo, Filippo Gallo, Pier Carlo Micheletti, Roberto Corti, Alberto Cavanna e Mari- lena Bertini, sentì forte il bisogno di mettere le proprie conoscenze e competenze al servizio non solo delle persone e dei malati dei paesi economi- camente più sviluppati, ma anche di tutte quelle donne, quegli uomini e quei bambini che, essendo nati in realtà molto povere, non godevano di alcuna as- sistenza sanitaria e frequentemente perdevano la vita per malattie che sa- rebbero state curabili anche abbastanza facilmente. Da questa presa di re- sponsabilità nacque il Ccm, Comitato Collaborazione Medica (www.ccm-ita- lia.org ). Da allora la missione dell'Ong è promuovere il diritto alla salute per tutti e garantire le cure primarie nei paesi a basso reddito, nel pieno rispetto della dignità della persona, con onestà e trasparenza. Laicità, pluralismo e accoglienza degli altri verso la pace e l'idea che la solidarietà sia un atto di giustizia guidano la sua azione. Ogni missione e progetto del Ccm è caratte- rizzato dalla consapevolezza che una vera partecipazione e un reale radica- mento sul territorio vanno accompagnati allo sviluppo delle professionalità locali e all'utilizzo di tecnologia appropriata. I medici e il personale che si reca presso le missioni del Ccm uniscono volontariato e professionalità e si fanno portavoce nella loro comunità della realtà di queste popolazioni e del- l'importanza di fare qualcosa di concreto per loro. I n Africa il Ccm lavora per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria di base e favorire l’accesso ai servizi da parte di tutta la popolazione. Opera nelle aree più povere e remote e con un’attenzione particolare alle persone più vulnerabili, come donne e bambini. Attualmente è impe- gnato in progetti di cooperazione sanitaria in Burundi, Etiopia, Kenya, Mali, Somalia e Sud Sudan, dove ogni anno visita e cura circa 180.000 per- sone, supervisiona e supporta circa 170 strutture sanitarie, forma circa 450 operatori sanitari, per un totale di oltre 200.000 persone beneficiarie dei progetti di cooperazione internazionale. In Italia realizza programmi di educazione alla cittadinanza mondiale, corsi di medicina tropicale e attività di formazione per personale e stu- denti in ambito sanitario, facilita l’accesso ai servizi di prevenzione e cura da parte dei migranti e promuove politiche sanitarie eque. ---- C i ha lasciati Pino Meo, nel silenzio e nella discrezione, come era nel suo stile di persona dall'animo nobile e dai valori grandi. Pino Meo è stato il mio maestro per tutta la vita: mi ha insegnato il ri- spetto dei poveri dovunque essi siano, nelle sperdute savane africane, come nel suo amato Sudan. Ha fondato il Ccm a fine anni Sessanta e ha dato tutto se stesso per i malati più derelitti dell’Africa dimenticata. La malattia lo ha sorpreso proprio durante una dellemissioni di chirurgia povera, in questi ospedaletti di fango e paglia a cui lui aveva dato di- gnità di ospedali, giustamente e con orgoglio. Insegnare la chirurgia es- senziale, salvavita agli infermieri sudanesi, era stato l'impegno più no- bile della sua lunga carriera di chirurgo affermato. Vogliamo ora pensarlo, come veniva soprannominato dai pastori Dinka del Sud Sudan, il grande toro dalle lunghe corna, che possa riposare nei pascoli sudanesi. Silvio Galvagno Vicepresidente CCM
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