Missioni Consolata - Marzo 2013
76 MC MARZO 2013 Come nacque l’amicizia con Giovanna de Chantal? A Digione, durante una visita pastorale, incontrai una nobildonna: era appunto Giovanna Francesca de Chantal, con la quale avviai un rapporto di sincera e spirituale amicizia che nel tempo, attraverso una te- nerissima corrispondenza epistolare, diede i suoi frutti nella fondazione della congregazione religiosa della Visitazione. L’idea originale alla base del nostro carisma fu di chiamare le religiose fuori dal chiostro, nel mondo, per predicarvi la carità, senza trascurare l’importanza della preghiera, creando nel contempo un ramo contemplativo accanto a uno di vita attiva. In un tempo come il vostro si fa fatica a capire e accet- tare tutto questo, eppure è proprio così; del resto io stesso curai molto le amicizie e, oltre a Giovanna Francesca de Chantal, ebbi come figlio spirituale Vin- cenzo de Paoli e Madre Angelica Arnauld, oltre a molte altre persone di ogni ceto. Con tutti loro ebbi una fitta corrispondenza epistolare. Oltre al rapporto particolare con i poveri, nor- male per un santo, curasti una forte relazione con gli intellettuali del tuo tempo, fondando per loro addirittura un’accademia, denomi- nata «Florimontana», o sbaglio? Tutt’altro! Questa mia idea di mettere insieme gli in- tellettuali in una fondazione in cui potessero libera- mente confrontarsi sui temi più svariati, fu copiata nientemeno che dal cardinale Richelieu, che diede vita alla famosa Académie française . Non bisogna mai le- sinare fatiche ed energie per costituire dei luoghi e av- viare dei percorsi in cui confrontarsi. Ai miei tempi (ma anche ai vostri!) invece di dialogare si preferisce in- veire, sbraitare e condannare; così facendo il dialogo si inaridisce e le posizioni si irrigidiscono, tutto a scapito del rispetto reciproco e della carità vicendevole. Il tuo esempio fu seguito da altri santi che, ispirandosi alla tua azione pastorale, seppero leggere i segni dei loro tempi. Per Vincenzo de Paoli, che ebbi come figlio spirituale, fu abbastanza facile seguire le mie indicazioni; ma il santo che più si ispirò al mio modo di fare, muoven- dosi in un altro contesto e avendo un carisma partico- lare per i giovani fu Giovanni Bosco, originario della regione italiana più vicina alla Savoia; visti i santi «so- ciali» torinesi coevi a don Bosco, si può dire che l’aria di queste zone favorisce uno stile del tutto speciale per chi vuole seguire il cammino del Vangelo. Per concludere che suggerimenti dai a noi cri- stiani del XXI secolo? Considerando che avversari alla Verità ce ne sono sempre, in ogni tempo e luogo, imparate a gestire il confronto con chi non la pensa come voi dialogando con affabilità e rispetto: condanne e scomuniche non portano da nessuna parte; e ricordatevi sempre che questo mondo prima di voi è stato amato fino all’inve- rosimile da nostro Signore Gesù Cristo, che per sal- varci tutti non ha esitato a dare la sua vita per tutti, cattolici e calvinisti, credenti e non credenti. Don Mario Bandera - Direttore Missio Novara Nel 1602 fosti nominato vescovo di Ginevra, caposaldo della predicazione di Calvino, come ti accolsero da quelle parti? Ginevra, città di lingua e cultura francese, aveva ab- bracciato la fede «riformata» predicata da Giovanni Calvino e i suoi compagni (Guglielmo Farel, Theodore Beza, John Knox), per cui la presenza di un vescovo cattolico non era per niente gradita. Per tutti i miei 20 anni di episcopato risiedetti ad Annecy; come vescovo profusi il meglio delle mie energie visitando ad una ad una tutte le 450 parrocchie, curai molto il catechismo dei fanciulli e, perché fosse insegnato come si doveva, addestrai un discreto numero di laici creando la così detta «Confraternita della Dottrina Cristiana». Alla fine, anche i protestanti, che disprezza- vano i cattolici chiamandoli papisti, impara- rono a rispettarli: come ci sei riuscito? Ho seguito il principio della 1 a lettera di San Pietro: essere «sempre pronti a rispondere a chiunque vi do- mandi ragione della speranza che è in voi; ma questo sia fatto con dolcezza e rispetto». Il modo di confron- tarsi con chi non la pensa come te deve essere im- prontato soprattutto alla comprensione di ciò che l’al- tro vuole dire e al tempo stesso all’esposizione di ciò che porti nel cuore con chiarezza e senza rancore, con dolcezza e tenerezza. Bisogna imparare a dialogare non con i pugni chiusi ma con le palme aperte. Anche i tuoi scritti, come «L’introduzione della vita devota» e «Il trattato del divino amore», sono diventati dei classici: ti valsero il titolo di dottore della Chiesa, ti diedero fama di grande scrittore anche nel mondo laico. È vero. Nella letteratura francese la mia prosa viene additata per la vivacità delle immagini, la ricchezza delle espressioni, la serena affabilità del discorso; tutto ciò lo facevo per creare un dialogo proficuo con quelli che non la pensavano come me e si erano al- lontanati dalla fede cattolica. Quindi il proverbio citato all’inizio si addice perfettamente al tuo carattere. Direi proprio di sì. Ma quel proverbio deve trasfor- marsi in stile di vita che conquisti le persone. Procla- mare la verità con una faccia scura o imporre con coercizioni di ogni tipo la partecipazione ai riti reli- giosi può essere proficuo in un primo tempo, ma alla lunga più nessuno ti segue. Una bella lezione anche per noi, più propensi a mostrare le difficoltà ad essere un bravo cri- stiano, che la gioia dell’incontro con il Signore Gesù. Soprattutto in campo ecumenico, pur esprimendo il proprio pensiero, tutto venga fatto nella gioia dell’in- contro con chi la pensa diversamente. Mi sembra che, dopo secoli di scomuniche reciproche, il cammino ecumenico intrapreso sia proprio questo, anche se la strada è ancora lunga. Da colui che è Padre ci siamo allontanati un po’ tutti; ora, ritornando a Lui, impa- riamo a vivere da fratelli che condividono la gioia di essere figli dello stesso Padre. Papa Roncalli, che per certi versi mi assomiglia, aprendo il Concilio ha chie- sto di distinguere sempre tra «errore ed errante»; lo stile da assumere con chi non è «dei nostri» è proprio quello avviato dal sottoscritto, in tempi difficili, ma esaltanti dal punto di vista del dialogo. 4 chiacchiere con...
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